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Ti auguro un Natale buono

Lo so, di solito si fanno gli auguri di Buon Natale, ma io, quest’anno, ti auguro un Natale buono.

Il grande camino è acceso, illumina, riscalda e profuma tutta la stanza, mentre ci prepariamo al giorno di Natale.

La zdora sovraintende ai cappelletti. Ha già preparato il ripieno e ora stende la sfoglia.

Ci sono tutte le donne della famiglia attorno al tavolo. Qualcuno riempie, qualcuno chiude i cappelletti, qualcuno li dispone in file ordinate sul tagliere.

Anche i bambini sono tutti lì, attirati dalle caldarroste che cuociono sulla cucina economica e dalla promessa della ciambella per merenda, quando sarà il momento di fare una pausa.

I più piccoli scorrazzano per la casa, raggiunti da grida delle mamme e della zie: chiudi quella porta che entra il freddo. I più grandi imparano a chiudere i cappelletti, opportunamente guidati da qualcuno.

E intanto le file aumentano: bisogna farne tanti perché domani è Natale e ci sarà tutta la famiglia. Ogni tanto in una fila, si crea un buchino, prontamente coperto da una zia che sorride: uno dei bambini è riuscito ad allungare le mani e rubare un capelletto crudo, in fondo anche quello è un gioco.

Quando il lavoro finisce molti tornano a casa, ma qualcuno rimane: quelli che vengono da più lontano, tornati a casa per le feste.

E festa è davvero, con la casa addobbata da agrifoglio e abete raccolti nei giorni precedenti. Non c’è l’albero di Natale: non ci appartiene, ma c’è il Presepe, e stanotte, a mezzanotte, i bambini, che dormono tutti insieme ammassati nei letti, metteranno Gesù bambino nella mangiatoia.

E poi ci si sveglia a Natale, con il profumo del brodo che cuoce, per ore, e del ragù. Niente cappelletti alla panna: è roba che non c’entra con la tradizione. Parecchi regali, tutti fatti a mano: ci vogliono mesi per prepararli. E tutti a Messa.

Poi a tavola, rigorosamente separando il tavolo dei grandi da quello dei bambini. Ogni tanto, man mano che si cresce, qualcuno protesta perché vorrebbe passare al tavolo degli adulti, ma ci sono i fratellini o i cuginetti più piccoli da aiutare. Perché a Natale gli adulti vogliono chiacchierare tranquilli.


Ecco. Il Natale buono è in piccole cose.

No, questo non è il ricordo dei miei natali da bambina, almeno non completamente, ma ci sono alcuni frammenti e, soprattutto, c’è quel senso di famiglia e di comunità che spesso non c’è più.

Sono tanti che, qui a Milano, faranno il Natale da soli, e probabilmente non solo a Milano. Sono pochi, oggi, quelli che fanno i cappelletti a mano: si comprano. Saranno tanti, quest’anno, che contano i soldi per fare la spesa, per comprare comunque qualcosa di speciale senza alterare troppo il bilancio familiare.


Negli anni, credo, abbiamo davvero perso qualcosa.


Comunque sia il tuo Natale, ti auguro un Natale buono, anche se fatto da sogni e desideri, o da qualche ricordo.

Se la realtà è amara, si può addolcire con un pizzico di amore.

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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