Autore: Carla Fiorentini
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15 settembre 2024
Una delle maggiori carenze di oggi è la capacità di ascolto. E nella visita medica subentrano anche altre difficoltà, proprio quando è indispensabile, invece, che il paziente ascolti. Poniamo che siate perfettamente in grado di comunicare, che siate ben sicuri di dedicare il tempo necessario, le parole giuste, il tono adeguato, il linguaggio più idoneo. Allora è tutto a posto? Potete essere sicuri che il paziente vi ha ascoltato e seguirà le vostre indicazioni? Chi è attento alla comunicazione, chi segue con accortezza i propri pazienti sa bene che non può essere sicuro. Le variabili sono tante, gli inghippi che possono sorgere sono davvero numerosi. E allora? Ci sono un paio di cose a cui prestare particolare attenzione, e magari dedicarvi alcuni trucchi. La prima è la postura del paziente . È provato che chi sta regolarmente in posizione di chiusura (braccia conserte, gambe accavallate) ascolta meno rispetto a chi sta in posizione più disponibile. Quindi questo è già un indizio. Se poi il paziente crea barriere tra voi e lui, ad esempio ponendo oggetti sulla scrivania nella traiettoria immaginaria che vi unisce, le probabilità che non ascolti aumentano. E ricordate che i motivi di non ascolto possono essere davvero numerosi, compresa la paura o l’ansia. Assicuratevi quindi che lo spazio tra voi sia libero, verificate che non ci siano motivi specifici per la posizione del paziente (ad esempio potrebbe semplicemente avere freddo) e, se vi trovate in una situazione di probabile non ascolto, inducete il paziente a cambiare posizione, ad esempio mostrandogli qualcosa. Ricordate inoltre che la posizione che maggiormente indice alla collaborazione non è quella di contrapposizione ai due lati della scrivania, ma quella con le sedie a 45° tra loro, entrambe dallo stesso lato della scrivania. Un altro elemento è la reazione verbale del paziente alle vostre parole. Ricordate che chi ha la tendenza a terminare le frasi, o le parole, è generalmente in situazione di ascolto riflessivo. In pratica, non ascolta ciò che state dicendo. La maniera ottimale per assicurarsi che il paziente abbia ascoltato, e capito, è invitarlo con opportuni “trucchi” a riformulare con parole sue quello che gli avete spiegato o raccomandato. Potete quindi chiedere “ quale parte della terapia pensa che gli risulterà più semplice ” (non quella più difficile, ma quella più facile! Aiutatelo a concentrarsi sul positivi, non sul negativo) oppure a quale azione quotidiana pensa di associare la terapia per ricordarsela meglio, o qualunque cosa sia idonea a far sì che il paziente ripeta, con metafore o parole sue, le vostre raccomandazioni. E allora sì, potete esse sicuri che ha ascoltato e compreso.