Management per il medico

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Questa pagina tratta di gestione e strategia, consigli per fare o realizzare piani stragici.


Il punto di vista è il mio: il vero successo negli affari è quello che in sinergia con il benessere personale e la qualità di vita


30 novembre 2025
Sanità che cambia
Autore: Carla Fiorentini 8 novembre 2025
Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Non è, ovviamente, mia intenzione dare consigli su rimedi della nonna, antiche ricette o terapie alternative, ma solo riflettere, e farvi riflettere, su come rispondere al paziente che vi racconta di cure di supporto che, a lui, appaiono tanto efficaci. Le situazioni sono molteplici, e i rimedi sono infiniti. Si va dai consigli alimentari alle cure palliative, dai decotti alle sciarpe rosse: si usa di tutto e si sente di tutto. Talvolta sono i rimedi della nonna, altre volte sono antiche ricette lette su qualche rivista di salute, o consigli letti sul web o ricevuti da qualche amico. Siatene certi: la maggior parte dei vostri pazienti fa uso di qualche rimedio, integratore, elemento salutistico o alimento prodigioso, sia che ve lo racconti sia che stia in totale silenzio . Ci sono gli alimenti salutari, le medicine alternative, i rimedi tramandati in famiglia, le pubblicità … È chiaro che il medico dovrà valutare caso per caso, ma ci sono alcune raccomandazioni (dettate dal buon senso, oltre che dallo studio della comunicazione) che valgono sempre. Il primo consiglio è che è sempre meglio sapere tutto quello che il paziente assume o fa, soprattutto se siete il medico di famiglia che tiene le fila della sua storia clinica. Se contestate, sminuite, rifiutate o ridicolizzate ogni rimedio che i vostri pazienti ritengono efficaci ciò che otterrete non sarà l’eliminazione delle aggiunte, palliative o terapeutiche, ma solo e semplicemente il paziente smetterà di raccontarvi ciò che assume . Il secondo consiglio, strettamente correlato al primo, è che l’effetto placebo, nelle sue diverse forme, è un fattore fondamentale per la guarigione, di qualunque malattia. Visto che parliamo di rimedi della nonna citerò le parole di mia nonna, quando mi trovò (avevo circa un anno) a mangiare i chicchi d’uva raccolti da terra poiché non arrivavo ai filari: quel che non strozza, ingrassa. Quello che non fa male, va bene. Imparate quindi ad accettare quei rimedi che non fanno alcun danno, e accettateli di buon grado. Eliminate, invece, drasticamente ciò che è rischioso o, meglio ancora, sostituitelo con qualcosa che sia innocuo o davvero di supporto. Potrete così mantenere alto l’effetto placebo e, contemporaneamente, conservare la fiducia del vostro paziente e un alto livello di dialogo.
Autore: Carla Fiorentini 23 febbraio 2025
Uno stile di management che non trovi sui libri
Autore: Carla Fiorentini 2 febbraio 2025
Dedicato a chi si occupa di salute
Autore: Carla Fiorentini 29 dicembre 2024
Riflessioni e auguri per il nuovo anno
Autore: Carla Fiorentini 22 dicembre 2024
Anche quest’anno arriva il Natale, il primo senza Francesco, ma non è tempo di rimpianti o malinconie. È tempo di sogni e speranza, come deve essere il Natale.
Autore: Carla Fiorentini 2 novembre 2024
Un patto complesso e composito
Autore: Carla Fiorentini 23 settembre 2024
La nostra vita, e il nostro ben-essere, sono fortemente influenzati dai patti di fiducia.
Autore: Carla Fiorentini 15 settembre 2024
Una delle maggiori carenze di oggi è la capacità di ascolto. E nella visita medica subentrano anche altre difficoltà, proprio quando è indispensabile, invece, che il paziente ascolti. Poniamo che siate perfettamente in grado di comunicare, che siate ben sicuri di dedicare il tempo necessario, le parole giuste, il tono adeguato, il linguaggio più idoneo. Allora è tutto a posto? Potete essere sicuri che il paziente vi ha ascoltato e seguirà le vostre indicazioni? Chi è attento alla comunicazione, chi segue con accortezza i propri pazienti sa bene che non può essere sicuro. Le variabili sono tante, gli inghippi che possono sorgere sono davvero numerosi. E allora? Ci sono un paio di cose a cui prestare particolare attenzione, e magari dedicarvi alcuni trucchi. La prima è la postura del paziente . È provato che chi sta regolarmente in posizione di chiusura (braccia conserte, gambe accavallate) ascolta meno rispetto a chi sta in posizione più disponibile. Quindi questo è già un indizio. Se poi il paziente crea barriere tra voi e lui, ad esempio ponendo oggetti sulla scrivania nella traiettoria immaginaria che vi unisce, le probabilità che non ascolti aumentano. E ricordate che i motivi di non ascolto possono essere davvero numerosi, compresa la paura o l’ansia. Assicuratevi quindi che lo spazio tra voi sia libero, verificate che non ci siano motivi specifici per la posizione del paziente (ad esempio potrebbe semplicemente avere freddo) e, se vi trovate in una situazione di probabile non ascolto, inducete il paziente a cambiare posizione, ad esempio mostrandogli qualcosa. Ricordate inoltre che la posizione che maggiormente indice alla collaborazione non è quella di contrapposizione ai due lati della scrivania, ma quella con le sedie a 45° tra loro, entrambe dallo stesso lato della scrivania. Un altro elemento è la reazione verbale del paziente alle vostre parole. Ricordate che chi ha la tendenza a terminare le frasi, o le parole, è generalmente in situazione di ascolto riflessivo. In pratica, non ascolta ciò che state dicendo. La maniera ottimale per assicurarsi che il paziente abbia ascoltato, e capito, è invitarlo con opportuni “trucchi” a riformulare con parole sue quello che gli avete spiegato o raccomandato. Potete quindi chiedere “ quale parte della terapia pensa che gli risulterà più semplice ” (non quella più difficile, ma quella più facile! Aiutatelo a concentrarsi sul positivi, non sul negativo) oppure a quale azione quotidiana pensa di associare la terapia per ricordarsela meglio, o qualunque cosa sia idonea a far sì che il paziente ripeta, con metafore o parole sue, le vostre raccomandazioni. E allora sì, potete esse sicuri che ha ascoltato e compreso.
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