Sempre mal di testa

Errori di Comunicazione

Storia
  • Buon pomeriggio, dottoressa. Ho un mal di testa infernale. Cosa mi da?
  • Ecco.
  • Ma no, l’ho già preso e non mi fa niente. Ho bisogno di qualcosa di più forte. 
  • Posso darle questo.
  • Lo conosco, ma possibile che non mi possa dare qualcosa che mi faccia passare questo mal di testa!
  • Questo è nuovo, e mi dicono che è ottimo. Per altri farmaci, più potenti, deve avere la prescrizione del medico.
Domande
È palese che la farmacista fa alcuni errori di comunicazione. Ma, esattamente, quali? 
Risposte
La farmacista fa alcuni errori di comunicazione. Ma, esattamente, quali?
  • Questo è nuovo, e mi dicono che è ottimo. 
L’espressione “mi dicono che” è poco efficace e poco rassicurante.
L’effetto placebo, ben noto come efficacia di una terapia derivante dal rapporto di fiducia verso il medico, esiste in realtà in tutte le situazioni in cui ci si “prende cura” di qualcuno. Di conseguenza, un farmacista che si esprime in maniera rassicurante genera una sorta di effetto placebo.
In questo caso la frase sarebbe stata molto più rassicurante se il farmacista avesse fatto riferimento ad una persona ben precisa, che funge da testimonial (sì, come nella pubblicità!). 
Frasi come “io l’ho provato e l’ho trovato molto efficace” 
Oppure “mia zia l’ha provato e trovato molto efficace
O, ancora, “pensi che l’altro giorno è venuto un mio cliente che soffre di emicranie terribili: gli ho dato questo nuovo prodotto e ha detto che è portentoso
Sono molto più rassicuranti rispetto al modo di esprimersi riportato nell’esempio.
  • Per altri farmaci, più potenti, deve avere la prescrizione del medico 
Tecnicamente la frase è corretta, ma dal punto di vista comunicazionale si può far di meglio. Infatti nel momento stesso in cui il farmacista dichiara che per farmaci più potenti è necessaria la prescrizione dichiara, implicitamente, che il prodotto che sta dando al cliente non è potente, quindi blando e presumibilmente (anche considerando la richiesta del cliente) inefficace.
Esprimendosi in questo modo il farmacista ha creato tutti i presupposti per rendere inefficace qualunque farmaco abbia venduto.
E non solo: ha posto le basi per costruire nel pensiero del cliente la convinzione che i farmaci che non necessitano di prescrizione siano sostanzialmente blandi e poco efficaci, rendendo la sua attività di farmacista solo quella di dispensatore di prescrizioni.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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