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Recita con le posizioni percettive

Posizioni percettive

Storia
In seguito alla lite furibonda tra Mattia e Andrej, cugini oltre che compagni di scuola, l’insegnante Carlotta decide di intervenire facendo fare un’esperienza formativa ai ragazzi, coinvolgendo anche la classe.
Bene, ragazzi, si tratta di calarsi nei panni degli altri, capirne le ragioni, e trovare una soluzione. Avete assistito tutti alla lite tra Mattia e Andrej?
Sì, prof, ma non è la prima volta che litigano.
Ma stavolta è stato peggio! Salta su Lucia che, secondo Carlotta, è segretamente innamorata di Andrej.
Quindi tu, Lucia, hai assistito ad altre liti?
Sì, e anche Marco, che è il miglior amico di Mattia.
Benissimo, allora facciamo così:
  • Tu, Lucia, sei Mattia: devi pensare come lui, ma esporre le sue ragioni in maniera più calma, senza litigare.
  • E tu, Marco, sei Andrej. Anche tu devi calarti nei panni di Andrej, sentire e pensare come lui, ma esprimerti in maniera più calma.
Ma prof, devo anche parlare in quella maniera strana che usa lui? È ridicola!
Secondo te perché Andrej parla in modo strano? È perché lo vuole e vuole farsi prendere in giro?
No, lo fa perché lui ha imparato prima il russo dell’italiano, e delle volte si ingarbuglia.
E allora prova cosa si sente ad usare un modo di parlare che non ci viene naturale.
E noi cosa facciamo?
Cinque di voi sono mediatori. Però dovrete parlare uno alla volta, e mettervi d’accordo tra di voi prima di esprimervi. Il vostro ruolo è quello di cercare di mediare, trovare i punti di contatto e i possibili compromessi tra loro. Altri cinque svolgono il ruolo degli esterni, sono assolutamente al di sopra delle parti. Non si limitano ad mediare, cercando compromessi, ma essendo comunque partecipi, ma guardate assolutamente dal di fuori, un po’ come i giudici al processo. Gli altri sono i controllori: controllano che ciascuno giochi secondo le regole che sono state fissate. 
E io e Andrej cosa facciamo?
Verificate che chi fa la vostra parte la interpreti correttamente. Qui non si tratta di prenderci in giro, ma calarsi veramente nella parte.
Domande
Sul fatto che il cambiamento di posizioni percettive funzioni, applicato con questa o con un’altra tecnica poco importa, dovete fidarvi di me, a meno che non abbiate già avuto modo di sperimentare esercizi simili.
Però probabilmente riuscite a dare una spiegazione razionale sul perché funziona.
Risposta
Perché quando ci sono contrasti e liti il cambiamento di posizioni percettive è un metodo efficace?
  • L’obiettivo dell’esercizio è quello di capire le ragioni dell’altro, e avviare una sorta di processo di negoziazione.
Generalmente una lite scaturisce non dalle diverse posizioni e dai diversi punti di vista, ma dalla logica che si innesca: si ritiene infatti che ci debba essere un vincitore e quindi, inevitabilmente, un perdente.
  • Se il meccanismo è “se tu vinci, io perdo” è inevitabile che il desiderio di vittoria prenda il sopravvento rispetto all’ascolto del pensiero altrui.
Anche l’organismo, dal punto di vista fisiologico, si prepara alla battaglia: il cervello lavora n onde beta, specifiche per la reazione allo stress.
La negoziazione efficace, invece, innesca un processo di “se tu vinci, io vinco”. 
Attenzione! Non si tratta di trovare banalmente un compromesso, che equivarrebbe a “perdiamo un po’ ciascuno”, ma di scavare nel pensiero profondo dell’altro cercando le motivazioni che lo spingono, che raramente sono quelle che emergono in superficie durante la lite.
Portando l’attenzione sull’ascolto, il nostro cervello riesce a far lavorare adeguatamente i neuroni specchio, che sono quelli dell’empatia, e a lavorare maggiormente tramite onde alfa, che sono quelle che connettono il conscio e l’inconscio, preposte tra l’altro al problem solving.
In questo stato mentale riusciamo a portare a livello cosciente ciò che avevamo già sentito, ma non ancora compreso, cioè il pensiero e le ragioni dell’altro.
Anche chi aveva assistito alla lite aveva sentito e percepito le motivazioni di entrambe le parti, ma probabilmente si era concentrato sullo schierarsi a favore dell’uno o dell’altro. Facendogli interpretare la parte ha portato a livello cosciente ciò che i suoi neuroni specchio già sapevano.
Questo tipo di esercizio può essere fatto con modalità diverse, ma, a patto che si sia nello stato d’animo giusto, porta sempre risultati sorprendenti.
Però non si tratta di stregoneria, ma di fisiologia! Cioè di accesso a risorse che abbiamo, ma di cui raramente facciamo uso.

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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