Molti parlano di capitale sociale.
Perché va di moda, perché fa figo, ma poi più o meno consciamente la stessa persona, nel suo quotidiano, valuta e tratta le persone in base a quanto possono essere utili.
Il capitale sociale è quello che stanno dimostrando in Romagna migliaia di persone.
I romagnoli (anzi, noi romagnoli) siamo così, un po’ grezzi, ignorantoni, gli uomini sono maschilisti, le donne braghire, non siamo business oriented, se vogliamo esprimere un concetto difficile non aggiungiamo vocaboli inglesi, ma in dialetto (il nostro dialetto è fortemente onomatopeico, e rende bene le idee).
Non badiamo granché alle nobili associazioni di accoglienza o volontariato: noi abbiamo i circoli, dove mangiare anche un piatto di tagliatelle con un bicchiere di vino. Parliamo poco di impegno sociale.
Siamo zucconi (mi raccomando la pronuncia).
Abbiamo grandi aziende, grandi cantanti e cantautori, ma poi siamo quelli che vanno al baracchino per una piadina e il liscio (occhio alla pronuncia!) ci fa battere il cuore.
Siamo anche un po’ fetenti, ogni tanto. Per un forlivese quella di Rimini non è piadina, e se poi parliamo di dialetto o ricetta dei cappelletti litighiamo come matti. (per maggiori informazioni sulla vera piadina e sulla vera ricetta dei cappelletti, chiedetemi).
Poi, se qualcuno è nei guai, avete visto cosa sappiamo fare.
A spalare fango ci sono tutti (guardate le foto), anche gli immigrati che il romagnolo non vuole, ma poi adotta perché l’immigrato è nero, ma Abdul è il mio vicino di casa).
Abbiamo milioni di difetti, ma noi il capitale sociale lo mettiamo in pratica senza tante storie (per essere coerente dovrei dire senza tante pugnette…)