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Quando il capitale sociale diventa pratica

Nella scienza della felicità viene data importanza al capitale sociale

Molti parlano di capitale sociale.

Perché va di moda, perché fa figo, ma poi più o meno consciamente la stessa persona, nel suo quotidiano, valuta e tratta le persone in base a quanto possono essere utili.


Il capitale sociale è quello che stanno dimostrando in Romagna migliaia di persone.

I romagnoli (anzi, noi romagnoli) siamo così, un po’ grezzi, ignorantoni, gli uomini sono maschilisti, le donne braghire, non siamo business oriented, se vogliamo esprimere un concetto difficile non aggiungiamo vocaboli inglesi, ma in dialetto (il nostro dialetto è fortemente onomatopeico, e rende bene le idee).


Non badiamo granché alle nobili associazioni di accoglienza o volontariato: noi abbiamo i circoli, dove mangiare anche un piatto di tagliatelle con un bicchiere di vino. Parliamo poco di impegno sociale.

Siamo zucconi (mi raccomando la pronuncia).

Abbiamo grandi aziende, grandi cantanti e cantautori, ma poi siamo quelli che vanno al baracchino per una piadina e il liscio (occhio alla pronuncia!) ci fa battere il cuore.

Siamo anche un po’ fetenti, ogni tanto. Per un forlivese quella di Rimini non è piadina, e se poi parliamo di dialetto o ricetta dei cappelletti litighiamo come matti. (per maggiori informazioni sulla vera piadina e sulla vera ricetta dei cappelletti, chiedetemi).

Poi, se qualcuno è nei guai, avete visto cosa sappiamo fare.

A spalare fango ci sono tutti (guardate le foto), anche gli immigrati che il romagnolo non vuole, ma poi adotta perché l’immigrato è nero, ma Abdul è il mio vicino di casa).


Abbiamo milioni di difetti, ma noi il capitale sociale lo mettiamo in pratica senza tante storie (per essere coerente dovrei dire senza tante pugnette)

Autore: Carla Fiorentini 23 febbraio 2025
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Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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