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Nel mondo del caregiver: I momenti difficili

Sentirsi inadeguato

Nella vita del caregiver ci sono momenti difficili e tra questi c’è un periodo davvero complesso, in cui il proprio mondo viene alterato.

Inevitabilmente la vita e le emozioni del caregiver vengono influenzate dal paziente, dai suoi stati d’animo, da quello che il paziente sta vivendo.

E, lo dico come paziente e come caregiver, c’è sempre, prima o poi, un momento di totale passività sofferente del paziente.

Se guardiamo al viaggio dell’eroe, che secondo me è un supporto meraviglioso per la comprensione dell’altro, è il momento dell’orfano, quando ci si sente cacciati dal giardino dell’Eden. È un momento di dolore profondo, in cui non c’è altra emozione che la sofferenza, e non parlo di quella fisica.

Il paziente è passivo, soffre, niente lo scuote, nulla induce una reazione: neanche la reazione del pianto.

Alcune caratteristiche di questo periodo sono simili alla depressione, ma solo simili. La depressione, ricordiamolo, necessita l’intervento di uno specialista, mentre la fase dell’orfano è transitoria, ma non per questo meno difficile e sofferta.

Torniamo, però, al caregiver.

In questa situazione il caregiver è pressoché impotente. Può essere presente, rispondere ai bisogni fisici. Qualcuno reagisce con rabbia, tenta di scuotere il paziente, di suscitare una reazione. Qualcuno reagisce con tristezza infinita. La paura è quasi sempre presente.

E, soprattutto, il caregiver si sente incapace, inadeguato.


L’inadeguatezza è una delle emozioni più forti, pesanti e dolorose, una sensazione che nessuno, neanche il più forte di noi, è in grado di sopportare a lungo.

Diventa indispensabile accettare di non poter far nulla, inserire nella mappa del mondo, cioè nell’ambito del possibile, sia la vigile passività sia il desiderio di fuga, senza sensi di colpa.


Mi spiego meglio.

Quando il paziente è nella fase dell’orfano, il ruolo del caregiver diventa quello di osservare, senza renderlo evidente e senza esercitare forme di controllo, ogni minimo cambiamento o spiraglio di apertura per fare, eventualmente, intervenire uno specialista se il periodo di passaggio diventa depressione conclamata.

Non è facile.

L’altro aspetto è quella della sopravvivenza del caregiver, accettando e accogliendo anche emozioni negative verso il paziente senza manifestarle e senza sensi di colpa, e ricavandosi spazi di “fuga”.

Non è facile, ma è possibile, e il mio impegno con i percorsi di mentoring e coaching dedicati al caregiver è far sì che questo diventi realtà..

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Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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