Essere proattivi

Gestione dei collaboratori

Storia
Andrea Fumi, medico specializzato, è appena rientrato dagli Stati Uniti, dove ha conseguito un master e ha lavorato alcuni anni presso una clinica molto prestigiosa. Ma i genitori sono anziani, e la madre della moglie è molto malata, così hanno deciso di rientrare in Italia. Negli ultimi mesi Andrea si è dato molto da fare, e ha avuto numerose offerte di lavoro. Ora ha ristretto la scelta su due opzioni, ed ha deciso che sceglierà in base ai colloqui con il suoi eventuali futuri capi.
Incontra prima il professor Varesotti. 
  • Buon giorno, professore, piacere di conoscerla.
  • Buon giorno dottor Fumi, e bentornato in Italia. Le sue competenze non hanno certo bisogno di essere esaminate. Lei ha un curriculum impeccabile, e una serie di pubblicazioni da far invidia. Quindi ha deciso? Viene da noi?
  • In realtà non ho ancora deciso. Vorrei sapere un po’ meglio cosa si aspetta da me.
  • Più che giusto! Io tengo moltissimo al team working, e mi aspetto la massima collaborazione e flessibilità da tutti i miei collaboratori. Qui non ci sono figli e figliastri, non ci sono primi della classe. Io desidero da tutti la massima proattività.
  • Capisco, e sono d’accordo con Lei. Ma, sa, il mio italiano forse è un po’ arrugginito, mi può spiegare in poche parole cosa intende per proattività?
  • Certo. Mi aspetto che, nell’ambito delle mie direttive, ciascuno faccia il suo dovere e tutto quanto è necessario al funzionamento del reparto. 
Andrea è ora a colloquio con il professor Fioroni, l’altra opzione che aveva selezionato.
  • Buon giorno, professore, piacere di conoscerla.
  • Buon giorno dottor Fumi, e bentornato in Italia. Inutile dirlo che sarei molto lieto se lei venisse a lavorare qui da noi. Posso fare qualcosa per convincerla?
  • Spiegarmi cosa si aspetta da me.
  • Non mi aspetto che lei si adegui facilmente alle difficoltà e alla burocrazia italiana: so già che questo sarà un problema, ma fermo tutti in modo di aiutarla. Mi aspetto che collabori con i suoi colleghi e con me, aiutandoci ad aggiornarci: in questo lei può essere un grande aiuto. Mi aspetto che rispetti il personale, tutto il personale. E mi aspetto da lei la massima proattività.
  • Prego? Cosa intende con questo termine? Temo che il mio italiano sia arrugginito.
  • Proattività? Mi aspetto che lei faccia tutto il necessario per il bene comune senza bisogno di sollecitazioni. Ma non è solo questo. Intendo che quando lei ha dei dubbi, o dei problemi, venga da me con delle ipotesi di soluzione già esaminate, e non semplicemente con il problema. E mi aspetto che lei adotti un comportamento proattivo con i colleghi, il personale e i pazienti. Un capo a volte deve dare ordini, ma può sempre fare in modo che gli ordini siano capiti e che le persone si sentano partecipi.
Domande
  • Quale dei due professori ha espresso correttamente il concetto di proattività?
Risposta
Quale dei due professori ha espresso correttamente il concetto di proattività?
Proattività è un termine usato ed abusato, che da qualche tempo comprare frequentemente nelle inserzioni di lavoro come qualità desiderata. 
  • Ciò che il professor Varesotti, il primo intervisto, esprime non è proattività, ma solo il suo modo di concepire la sua leadership. 
  • Invece ciò che il professor Fioroni dichiara è esattamente il concetto di proattività in ambito professionale. Certo, ciò che dice è limitato dalle poche parole e dal contesto, ma è corretto. La proattività è però ben più di quanto esprime il professor Fioroni: è la capacità di anticipare futuri problemi, esigenze, cambiamenti
Una persona proattiva è quella che sa operare senza attendere che qualcosa accada e prende l’iniziativa per realizzare ciò che è giusto e necessario.
La proattività è la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile non lasciandosi condizionare ...
Essere proattivi significa esercitare il libero arbitrio. 
Ma … c’è di più.
Il vero obiettivo non è quello di esercitare occasionalmente la proattività, quando ci sembra indispensabile o quando vogliamo fare delle scelte, ma di vivere in modo proattivo.
E vivere in modo proattivo significa esercitare il libero arbitrio per il bene comune, sapere che ogni azione fatta determina in maniera decisiva il nostro futuro, e influenza la vita degli altri.

Autore: Carla Fiorentini 19 ottobre 2025
La sofferenza aiuta a crescere
Autore: Carla Fiorentini 19 ottobre 2025
Quando si parla di rinnovare la scuola, soprattutto la scuola dell’obbligo, sento che alla base c’è un grande equivoco, un enorme fraintendimento che vanifica qualunque buona intenzione. Lo so: non ho alcun titolo per fare questa affermazione. E infatti il mio non è un giudizio, ma una riflessione, che pure sento condivisa da tanti insegnanti sicuramente volonterosi e scrupolosi, e dubbiosi sul loro futuro e su quello dei loro studenti. Come dice Snoopy “ educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco ”. Ci sono altre frasi, altri dotti autori, che nel tempo hanno affermato lo stesso concetto: mi piace riprendere le parole di Snoopy perché hanno tutta la saggezza dei nostri bambini. I politici, deputati a fare la riforma scolastica o almeno a prendersi cura della scuola, continuano ad affermare che la scuola deve preparare al mondo del lavoro, deve formare i ragazzi per il futuro. L’equivoco è proprio qui. È vero che la scuola deve preparare i ragazzi, è vero che la scuola può e dovrebbe fornire tecniche, strumenti, mezzi per il futuro e per il mondo del lavoro. Ma pensiamo un attimo alla differenza del mondo del lavoro tra quando andavamo noi a scuola e quando poi siamo andati a lavorare, o alla differenza della società tra quando abbiamo iniziato a lavorare e oggi. C’è un abisso! Ci sono differenze enormi. E l’accelerazione ai cambiamenti a cui assistiamo fanno pensare che tra oggi e il 2030, 2040, quando andranno (speriamo) a lavorare i ragazzi che oggi sono alle scuole elementari le differenze saranno davvero impensabili. Come possiamo preparare i bambini ad un futuro che ci è totalmente ignoto, ad un mondo del lavoro che non conosciamo? Le differenze tra l’oggi e i successivi 15-20 anni erano molto meno marcate 30 o 50 anni fa. Non possiamo preparare gli studenti di oggi al mondo del lavoro del futuro, semplicemente perché non sappiamo quale sarà il mondo del lavoro in futuro. Quello che possiamo (e, credo, dobbiamo fare) è mettere gli studenti di oggi in condizione di costruirsi il futuro, di affrontare al meglio il mondo del lavoro e la loro vita futura. Dobbiamo fornire le basi affinché abbiano voglia di impegnarsi per creare un futuro e una società migliore, migliore anche di quella che gli stiamo mostrando oggi. Oggi, più che mai, dobbiamo trasmettere un fuoco di cultura vera, creativa, gioiosa. Se per farlo è necessario aumentare le tecnologie a scuola (ed è necessario) gli insegnanti dovranno impegnarsi per apprenderle e usarle. Ma ricordando che la tecnologia è un mezzo, non un fine . La scuola non prepara al futuro: la scuola prepara il futuro se costruisce cittadini consapevoli, preparati, fiduciosi, collaborativi, curiosi, colti, uomini e donne ricchi di valori e di cultura.
Autore: Carla Fiorentini 12 ottobre 2025
Se facessimo una classifica di pazienti modello gli italiani non sarebbero certo ai primi posti, lo sappiamo da anni. Sappiamo che gli italiani si auto riducono i dosaggi, terminano le cure prima di quanto ha detto il medico, non rispettano le posologie, … Ora, a tutto questo, si è aggiunta una sorta di auto-riduzione dei farmaci prescritti. Ma il vero problema è che ora tutto ciò che già accadeva, e molto di più, è originato dalle difficoltà economiche in cui versano molti italiani. E se prima le autoriduzioni di posologia o durata della terapia erano frequenti soprattutto nelle patologie acute, oggi la rinuncia alla terapia, o la sua drastica riduzione, avviene soprattutto nelle patologie croniche. E raramente il medico è a conoscenza della situazione: il paziente non ha la forza, o il coraggio, di dichiarare al medico la sua realtà. Ancora una volta, dunque, è il farmacista colui che ha maggiormente il polso della situazione, e che è chiamato, sebbene non ufficialmente, a supportare il paziente. Cosa può dunque fare il farmacista? Il mio parere personale è di creare una vera e propria rete di allerta, sostegno e valutazione che coinvolga il farmacista “di quartiere” e il medico di base, che abbia anche la possibilità di intervento reale nel fornire farmaci a chi, davvero, rinuncia alle terapie per motivi economici. È un sogno, lo so. Rimanendo su azioni concrete credo che il farmacista possa fare molto con le sue capacità di sostegno e consiglio, senza sostituirsi al medico. Credo anche che il futuro sia nello sviluppo di competenze di coaching per il medico e il farmacista. Competenze che permettono di motivare il paziente, supportarlo durante la terapia, finalizzare le cure, e ridurre anche i costi in numerose sfaccettature del sistema sanitario consentendo così di ricavare risorse per fornire terapie totalmente gratuite a chi, altrimenti, non può permettersele. Un sogno anche questo, ma più facile da raggiungere rispetto al precedente.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Non è, ovviamente, mia intenzione dare consigli su rimedi della nonna, antiche ricette o terapie alternative, ma solo riflettere, e farvi riflettere, su come rispondere al paziente che vi racconta di cure di supporto che, a lui, appaiono tanto efficaci. Le situazioni sono molteplici, e i rimedi sono infiniti. Si va dai consigli alimentari alle cure palliative, dai decotti alle sciarpe rosse: si usa di tutto e si sente di tutto. Talvolta sono i rimedi della nonna, altre volte sono antiche ricette lette su qualche rivista di salute, o consigli letti sul web o ricevuti da qualche amico. Siatene certi: la maggior parte dei vostri pazienti fa uso di qualche rimedio, integratore, elemento salutistico o alimento prodigioso, sia che ve lo racconti sia che stia in totale silenzio . Ci sono gli alimenti salutari, le medicine alternative, i rimedi tramandati in famiglia, le pubblicità … È chiaro che il medico dovrà valutare caso per caso, ma ci sono alcune raccomandazioni (dettate dal buon senso, oltre che dallo studio della comunicazione) che valgono sempre. Il primo consiglio è che è sempre meglio sapere tutto quello che il paziente assume o fa, soprattutto se siete il medico di famiglia che tiene le fila della sua storia clinica. Se contestate, sminuite, rifiutate o ridicolizzate ogni rimedio che i vostri pazienti ritengono efficaci ciò che otterrete non sarà l’eliminazione delle aggiunte, palliative o terapeutiche, ma solo e semplicemente il paziente smetterà di raccontarvi ciò che assume . Il secondo consiglio, strettamente correlato al primo, è che l’effetto placebo, nelle sue diverse forme, è un fattore fondamentale per la guarigione, di qualunque malattia. Visto che parliamo di rimedi della nonna citerò le parole di mia nonna, quando mi trovò (avevo circa un anno) a mangiare i chicchi d’uva raccolti da terra poiché non arrivavo ai filari: quel che non strozza, ingrassa. Quello che non fa male, va bene. Imparate quindi ad accettare quei rimedi che non fanno alcun danno, e accettateli di buon grado. Eliminate, invece, drasticamente ciò che è rischioso o, meglio ancora, sostituitelo con qualcosa che sia innocuo o davvero di supporto. Potrete così mantenere alto l’effetto placebo e, contemporaneamente, conservare la fiducia del vostro paziente e un alto livello di dialogo.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Un pizzico di teoria utile in un video
Autore: Carla Fiorentini 7 settembre 2025
Dal mio libro Quattro passi in galleria- quando non vedi la fine del tunnel, arredalo , che si può acquistare on line oppure ordinare in libreria, Il racconto del momento in cui sono stata costretta a tagliare i capelli, che sarebbero caduti (tutti!) con la chemioterapia
Autore: Carla Fiorentini 7 settembre 2025
Riflessioni
Autore: Carla Fiorentini 4 settembre 2025
Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.
Autore: Carla Fiorentini 4 settembre 2025
Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.
Autore: Carla Fiorentini 30 agosto 2025
Un libro meraviglioso e, credo, particolarmente utile in questo periodo in cui la scuola va protetta, ripensata, resa più utile…
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