Come si fa a definire un bravo medico?
Lascio il dilemma a persone più idonee di me. Tuttavia già dall’antichità era comunemente accettato, e accertato, che la capacità di diagnosi e di terapia erano elementi necessari, ma non sufficienti, per “un bravo medico”.
Il dibattito percorre i secoli, ed è tuttora vigente, con alcune tappe, anche recenti, che (vi confesso) mi creano un po’ di confusione.
Alcune cose mi sono ignote, altri elementi mi sfuggono, ma so per certo che un bravo medico è un bravo manager.
Ed ecco che molti amici medici si scagliano contro questa affermazione. Infatti esiste una strana confusione sul significato di managerialità del medico.
La varie riforme del sistema sanitario e gli accaniti tagli alla sanità danno, infatti, spesso l’impressione che la managerialità del medico veda coinvolta solo la gestione economica. Nulla di più falso!
È vero che, abitualmente, un manager ha responsabilità economiche, ma non è sicuramente la capacità di maneggiare il denaro che distingue un buon manager da un manager mediocre. Né in azienda, né in campo medico.
Il manager gestisce prima di tutto le persone e le situazioni.
Così un medico mette in campo la sua managerialità nel gestire quotidianamente il paziente. Questo è il primo e più importante banco di prova per il medico del sistema sanitario nazionale.
In ambito ospedaliero,
invece, il principale banco di prova della managerialità del medico è nella sua capacità di creare un team coeso
e sinergico con le diverse persone e funzioni che dovrebbero collaborare strettamente. E anche questa è managerialità quotidiana.
La managerialità non si improvvisa. Si impara, si acquisisce, si conquista poco a poco, spesso con fatica. Perché la managerialità è fatta da tanti elementi: l’ascolto, il dialogo, il team working, il rispetto, il sapere, saper fare e saper essere.
Si può imparare da un capo, da una serie di corsi, dal mettersi costantemente in gioco. Si impara dai propri errori. E si impara dai propri dipendenti.
E si impara sempre, migliorando sempre.