Le convinzioni nella Leadership in classe

Continua l’analisi degli stili di leadership, del loro ruolo e delle modalità di applicazione in classe

La leadership di convinzioni: sostiene, utilizza, le convinzioni che ciascuno di noi ha, o crea convinzioni utili alla gestione delle persone.
  • La scuola, e gli insegnanti, vecchio stile hanno spesso fatto uso proprio di questo tipo di leadership: X è bravo, Y non è portato per la matematica, Z deve tenere la bocca chiusa quando si canta perché è stonato …: sono tutte modalità espressive che generano convinzioni. Spesso, infatti, si assiste ad un uso negativo della leadership per convinzioni: la creazione di convinzioni limitanti. È quello che spesso fanno i fratelli maggiori per mantenere il predominio: sono più grande e più bravo, tu sei più piccolo e scemo. Ma l’equivalente, negli adulti, è il predominio attraverso l’arroganza, quella dove il denaro o l’appartenenza ad una classe sociale o entrare in una taglia di abiti rende una persona “superiore”. In una certa misura anche l’uso di linguaggi incomprensibili può rientrare in questo ambito: il medico che usa paroloni manifesta la sua convinzione di essere superiore
Eppure la leadership per convinzioni è molto efficace per guidare gruppi di persone, facendo leva sulle loro convinzioni comuni: livello più basso della religiosità, partiti politici, persino aziende. Si basa sulla definizione di cosa bisogna credere per far parte del gruppo, e fa leva sul bisogno di appartenenza. Facile da applicare per il leader quando si tratta di gruppi omogenei, facile da seguire a patto di non avere mai dubbi sulle convinzioni: in positivo crea sinergie, ma in negativo crea clan, mafia, fanatismo. 
Una buona leadership per convinzioni obbliga, prima di tutto, ad esaminare attentamente le proprie personali convinzioni, rafforzando quelle positive e smontando quelle limitanti. 
La convinzione positiva per eccellenza dell’insegnante sono indicate nello splendido libro Il manuale del coach di Robert Dillts:
Le convinzioni dell’insegnante perfetto
  • Tutti sono capaci di apprendere. 
  • Ho delle domande e delle idee avvincenti e stimolanti da condividere con gli altri 
  • Le idee e le domande di questa persona saranno per me un arricchimento 
  • Il processo di espansione delle proprie capacità è una cosa in sé molto motivante. 
  • Le persone apprendono più facilmente quando ricevono apprezzamenti positivi e riconoscimento delle loro idee 
  • Ciascuno ha un suo modo ed una personale velocità di apprendimento
  • Questa persona è intelligente e merita che le trasmetta le mie conoscenze e che le dedichi la mia attenzione. 
  • Questa persona farà buon uso di ogni conoscenza o informazione che io sarò in grado di fornirle, nel modo migliore possibile. 
  • Pertanto, un insegnante efficace aiuta le persone a sviluppare nuove strategie di apprendimento, piuttosto che, semplicemente, presentare nuovi contenuti. Inoltre, riconosce gli stili individuali di apprendimento degli studenti (per esempio, visivo, auditivo, cinestesico) e si allinea con essi. 
Nella leadership per convinzioni l’insegnante aiuta a definire la classe come un gruppo omogeneo, creando sinergie tra gli alunni. Ovvio, quindi, che sia essenziale inventare o partecipare a progetti dove gli studenti possano cooperare. 
Altrettanto importante è imparare a smontare quelle convinzioni che creano danni o limiti, siano esse afferenti all’intera classe o al singolo studente (il fenomeno del bullismo spesso nasconde convinzioni aberranti dello studente, generando comportamenti atti a rafforzare la convinzione). È chiaro che ci vogliono capacità psicologiche, ma spesso basta anche un semplice uso della parola, magari con il supporto della tecnica del metamodello.  

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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