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Il metaprogramma Referente interno o referente esterno nella relazione con il paziente

Proseguiamo nell’analisi dei metaprogrammi, un concetto di PNL utile alla gestione del paziente. 

In alcuni post precedenti abbiamo visto la definizione di metaprogramma, e come alcuni metaprogrammi influiscano nella relazione con i paziente.
Ora proseguiamo come il metaprogramma referente interno o referente esterno, di cui abbiamo visto la teoria, il test per definire quale è preponderante e un esercizio per aumentare la flessibilità, può essere utile nella gestione del paziente.
  • Ci sono persone che necessitano dell’approvazione degli altri, ci sono persone che sono gli unici giudici di se stessi e delle proprie azioni.
Questo è forse uno dei metaprogrammi in cui, più che in altri, siamo tutti fortemente condizionati dalle situazioni oltre che dalle tendenze personali e dalle abitudini.
È infatti abbastanza facile trovare persone che hanno il referente interno sul lavoro e esterno in famiglia, o esterno con gli amici e interno con il coniuge. 
  • Il referente, interno o esterno, è uno degli elementi di motivazione: siamo spinti a proseguire o cambiare dal parere degli altri o dal giudizio che diamo su noi stessi?
Ed è uno dei metaprogrammi che più influenza l’ambito salute e compliance.
Infatti quando si parla di salute si dà per scontato che il referente sia esterno, e sia il medico, o il farmacista o l’operatore sanitario. In ogni caso si ritiene che il referente sia esterno e sia l’esperto, la persona competente, che abbiamo di fronte in quel momento. 
E infatti quasi tutti i pazienti annuisco ai consigli, suggerimenti, indicazioni o prescrizioni. Durante la visita medica, o il consulto con la persona competente, la stragrande maggioranza dei pazienti si comporta come se avesse un referente esterno, facilmente identificabile nell’esperto.
Ciò è spesso solo apparenza, abitudine, comportamento consolidato.
  • Così chi ha un forte referente interno torna a casa, guarda su internet, legge il foglietto illustrativo, modifica la posologia, non segue più le indicazioni, perché durante la visita sembrava ovvia la compliance, e invece si sarebbero dovuti spendere tempo ed energie per convincere pienamente il referente interno del paziente.
  • Analogamente chi ha un referente esterno specifico torna a casa, ascolta il parere della moglie, il consiglio del vicino, l’opinione dell’amico o legge il parere di altri esperti sui vari siti web, e nuovamente azzera o limita molto la compliance, perché durante la visita sembrava tutto facile, invece non si era conquistata la piena fiducia e collaborazione.
E tutto ciò spiega, almeno in parte, perché i livelli di compliance sono generalmente bassi.

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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