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La vera sfida è ottenere piena compliance

Ottenere la compliance del paziente riguarda tutti coloro che operano in ambito salute

La piena compliance del paziente è la vera sfida di questi anni, ed è facilmente prevedibile che sarà sempre più l’obiettivo da raggiungere anche nel prossimo futuro.

Molte cose sono in divenire nell’ambito della salute: ci sono nuove scoperte, nuovi farmaci, l’incombere di nuove e vecchie malattie … Se pensiamo alla storia del mondo occidentale dalla seconda guerra mondiale ad oggi possiamo vedere alcune tappe fondamentali:

  • gli antibiotici, e poi farmaci sempre più evoluti ed efficaci
  • le grandi rivoluzioni nella chirurgia
  • il boom economico, con la conseguente scomparsa di problemi di salute legati alla povertà
  • l’assistenza sanitaria pubblica, che ha davvero rivoluzionato la vita di milioni di persone
  • le innovazioni diagnostiche

In un certo senso tutto questo è stato un crescendo, di salute, qualità di vita e durata della vita media. Per molti anni si è creato un meccanismo che sembrava quasi automatico: sto male – vado dal medico – faccio degli esami - fa la diagnosi – prescrive un farmaco – guarisco.

Ecco: ora pare quasi che l’intero processo si sia inceppato.

  • Miglior qualità di vita e maggiore durata della vita media hanno avuto come conseguenza un incredibile incremento di alcune malattie metaboliche, a cui hanno contribuito molte abitudini scorrette del nostro modo di vivere.
  • Nonostante le molte differenze, ciò che hanno in comune i diversi servizi sanitari nazionali è la necessità di ridurre sempre più i costi, e le prestazioni erogate.
  • Le problematiche di antibiotico – resistenza sono oggi estremamente preoccupanti.
  • Un numero sempre maggiore di individui convive con patologie croniche e terapie a lunghissimo termine.

Il Covid ha cambiato molte situazioni aumentando, in molti casi, il distacco tra medico e paziente e la crisi economica ha reso evidente il numero di pazienti che non possono economicamente affrontare alcuni trattamenti necessari.

Guardare i dati sull’abuso dei farmaci o sul rispetto delle terapie è deprimente, in particolare in Italia.

Lo so, la lista potrebbe continuare, ma preferisco fermarmi qui.

Per molti, oggi, c’è la sensazione che si stia andando indietro, eppure stiamo assistendo a scoperte straordinarie nell’ambito della medicina, nel senso più ampio del termine, tra cui spiccano quelle di neurofisiologia, in cui i ricercatori italiani sono i migliori del mondo.

E poi ci sono le polemiche, le posizioni contrapposte su moltissimi argomenti, a partire dalle vaccinazioni alla chemioterapia, le informazioni più o meno reali e realistiche sull’alimentazione e sulle medicine alternative … e il paziente viene bombardato da notizie, consigli e allarmi.

Personalmente non credo alle dicotomie, alle contrapposizioni, in particolare quando si tratta di benessere. Credo invece nella medicina integrata, sistemica, che cura il paziente nella sua individualità. E credo in quello che il prof. Fabrizio Benedetti, professore ordinario di neurofisiologia e fisiologia umana all'Università di Torino, e molti scienziati come lui, definiscono l’atto terapeutico che include farmaci, ma non si limita ai farmaci.

E credo nella partecipazione consapevole del paziente al proprio benessere e alle terapie.

Molte ricerche confermano l’importanza della relazione medico – paziente ed è possibile utilizzare le tecniche di comunicazione per ottimizzare la compliance e ottenere sia la piena adesione del paziente alla terapia sia la sua partecipazione. Distinguo i due aspetti perché ritengo necessario che il paziente rispetti le scelte e le indicazioni terapeutiche del medico, ma sia anche pienamente coinvolto e proattivo.

E il farmacista?

È sempre più coinvolto, svolge sempre più un ruolo di primo piano e viene evidenziato come le competenze di coaching e counseling in farmacia possano fare la differenza. Per il paziente, la sua salute e la sua compliance, e per il farmacista, anche in termini di fatturato.

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Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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