Layout del blog

Gli obiettivi per una buona collaborazione

Definire gli obiettivi è un buon punto di partenza per una collaborazione positiva.

Si parla tanto di collaborare, ma sono ben poche le collaborazioni che funzionano.

Definire gli obiettivi è un buon punto di partenza.

Collaborare significa, letteralmente, lavorare insieme. Si lavora insieme per raggiungere un obiettivo comune.

E qui, in genere, cominciano i problemi. E quello che è peggio è che da qui cominciano i problemi non manifesti, non evidenti, quelli che rimangono nascosti per poi esplodere nei momenti più inopportuni.

Nella maggior parte dei casi gli obiettivi della collaborazione vengono dichiarati solo se si viene obbligati da qualche pratica burocratica. Quindi si decide di scrivere una frase, e solitamente qualcuno dei collaboranti propone, si discute un po’, e si butta giù una frase di senso compiuto. Poi ci si dimentica.

I guai cominciano qui.

Un obiettivo è “lo scopo di un'azione, di un'iniziativa; il risultato che ci si propone di ottenere; il fine cui si tende”. Proviamo a definire con altri termini.

  • Un obiettivo è un desiderio concreto per realizzare il quale siamo disposti ad investire risorse ed energie.

Altrimenti si chiama miracolo. Ma in genere anche per i miracoli è necessario un investimento concreto di tempo ed energie, fatto di preghiere.

Per una buona collaborazione ci sono tre opzioni:

  • ho un obiettivo personale che posso raggiungere lavorando con qualcuno
  • collaborando posso raggiungere un obiettivo più ambizioso di quello che raggiungerei da solo, quindi attraverso la collaborazione mi pongo un obiettivo più superiore
  • sposo l’obiettivo di qualcun altro, e lo rendo mio, e lo perseguo attraverso la collaborazione

Non ci sono altre possibilità. Ne consegue che non posso definire un obiettivo comune se non ho ben chiari i miei obiettivi, i miei desideri personali.

Ed ecco un’altra fonte di indicibili casini.

Perché è davvero raro trovare persone disposte a dichiarare i loro veri desideri.

Un desiderio, e quindi un obiettivo, DEVE portare un beneficio. Desideri come “il bene comune”, “la pace nel mondo” o, peggio, “lo faccio per il tuo bene” non sono reali, a meno che non vengano completati.

Desidero il bene comune (e definiamo bene cosa si intende) perché ne traggo dei benefici

Desidero la pace nel mondo perché ho una paura fottuta della guerra, perché vedere le immagini di guerra al telegiornale mi procura incubi di notte

Se è vero che ogni desiderio ha una componente di egoismo, è altrettanto vero che sono pochissimi i desideri che prevedono danni ad altri. È difficile danneggiare gli altri in maniera consapevole. Quindi non c’è motivo di desideri “politically correct” o, peggio, di barare con noi stessi.

Pertanto, per concludere questo articolo, prima di imbarcarvi in una qualunque collaborazione, chiedetevi onestamente cosa vi proponete di guadagnare, quale egoistico obiettivo desiderate raggiungere.

Da qui parte la corsa al bene comune.

Autore: Carla Fiorentini 23 febbraio 2025
Mi dispiace doverlo ammettere: la gestione delle persone attraverso la paura funziona.
Autore: Carla Fiorentini 23 febbraio 2025
Se pensi di essere troppo piccole per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara. Dalai Lama
Autore: Carla Fiorentini 23 febbraio 2025
Uno stile di management che non trovi sui libri
Autore: Carla Fiorentini 10 febbraio 2025
Il 20 Marzo sarà, come ogni anno, la Giornata mondiale della felicità.
Autore: Carla Fiorentini 10 febbraio 2025
Pensi ci siano differenze tra la definizione di guarito e clinicamente guarito ?
Autore: Carla Fiorentini 2 febbraio 2025
L’esempio insegna più delle parole
Autore: Carla Fiorentini 2 febbraio 2025
Dedicato a chi si occupa di salute
Autore: Carla Fiorentini 2 febbraio 2025
Esercizio in visualizzazione guidata
Autore: Carla Fiorentini 27 gennaio 2025
Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
Show More
Share by: