Io non ci capisco niente

Il Milton Model

Storia
La scuola è iniziata da poco e, nella nuova classe, Livia, insegnante di tedesco, ha identificato che Marco ha dei problemi, così decide di parlargli.
  • Marco, posso parlarti durante l’intervallo?
  • Prof, posso immaginare cosa vuole dirmi … ma va be’.
  • Durante la lezione sei sempre distratto. Perché?
  • Vede, io a scuola ho sempre avuto ottimi voti in tutte le materie, tranne che in inglese. Lì rischio di essere rimandato tutti gli anni. E adesso tedesco. Che è ancora più difficile. Figuriamoci se riuscirò mai a imparare qualcosa. È tempo perso.
  • E se ti dicessi che anch’io ho rischiato la bocciatura in inglese a scuola, e adesso mi sono laureata in lingue?
Marco spalanca gli occhi, e Livia si sente incoraggiata a continuare.
  • Vedi, con le lingue straniere è molto importante trovare il metodo di studio adatto a ciascuno di noi. Alcuni imparano in un modo che ad altri sembra assurdo. Ti piacerebbe, la prossima estate, essere in grado di parlare con le ragazze tedesche?
  • Magari! Io vado al mare a Rimini!
  • Allora sperimenteremo diversi metodi di studio fino a quando troviamo quello giusto: io ti fornisco le indicazioni e tu sperimenti il metodo, fai gli esercizi, e mi dici sinceramente come ti trovi. Ti metterò un po’ sotto pressione, dovrai lavorarci su, ma vedrai che ne vale la pena.
  • Si può provare.
  • Anch’io avevo molti dubbi quando cercavo il metodo di studio migliore per me, e ora sto imparando la sesta lingua straniera. Vedrai che più sperimenti, più ti risulta facile. E mentre trovi la tua soluzione ottimale, fai gli esercizi, così farai i compiti senza accorgertene.
  • Bah! Mi ha quasi convinto. 
  • Credimi, questo è il tassello che ti è mancato finora. Domani ti porto le prime indicazioni. 
Domande
  • Che tecnica ha usato la professoressa per risolvere il problema di Marco?
  • La professoressa ha anche utilizzato una specifica tecnica linguistica per convincere Marco (frasi evidenziate). Quale?
Risposta
Che tecnica ha usato la professoressa per risolvere il problema di Marco?
Livia ha usato una classica tecnica di coaching:
  • ha aiutato Marco a trovare un obiettivo (parlare con le ragazze tedesche la prossima estate) e gli ha suggerito una strategia (sperimentare metodi di studio diversi).
La professoressa ha anche utilizzato una specifica tecnica linguistica per convincere Marco (frasi evidenziate). Quale?
  • La professoressa ha utilizzato frasi che vanno, globalmente, sotto il nome di Milton Model.
Con il termine Milton Model si indica un particolare uso del linguaggio, un vero e proprio modello descritto da Milton Erickson, uno psichiatra considerato il padre dell’ipnosi moderna a scopo terapeutico, nonché il più grande esperto di Ipnoterapia di tutti i tempi.
Erickson utilizzava specifiche forme linguistiche, per la maggior parte in forma di domanda, la cui conoscenza è particolarmente utile in ogni occasione della vita nella quale si desidera essere convincenti o si voglia difendersi dai meccanismi occulti della pubblicità ed essere consapevoli delle manipolazioni, nostre ed altrui, che orientano le decisioni.
Sostanzialmente il Milton Model consiste nell’essere abilmente vaghi: in pratica ci si esprime in modo che chi ascolta possa rintracciare nelle frasi di chi parla qualcosa che lo coinvolge e lo riguarda direttamente, anche se chi parla sa molto poco dell’interlocutore e si limita ad applicare il ricalco e ad usare forme linguistiche studiate ad hoc.
Spesso si afferma che il Milton Model è esattamente il contrario del Meta Modello: infatti è tanto sottilmente vago quanto è pignolo il Meta Modello.
Il Milton Model è stato preso come base per innumerevoli tecniche di linguaggio: comunicazione strategica, linguaggio assertivo, linguaggio persuasivo.
Spesso chi vive e guadagna attraverso la Comunicazione ama trovare definizioni più o meno fantasiose, ma fondamentalmente affascinanti, che consentano di motivare che hanno inventato o scoperto un nuovo metodo di comunicazione, efficacissimo, che quindi merita la spesa per impararlo.
Nella realtà tutti i linguaggi persuasivi che ho incontrato finora si rifanno al Milton Model.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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