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In delegazione

S.C.O.R.E.

Storia
Anna, Marta, Roberto e don Luigi incontrano il nuovo direttore scolastico in rappresentanza del collegio docenti.
Dopo i convenevoli del caso, si apprestano a raccontare i problemi della scuola.
  • Vede, preside, come probabilmente sa questa è una scuola fortunata, con fondi sufficienti, un alto numero di alunni, ed è considerata un’ottima scuola. Ma ovviamente i problemi non mancano!
  • Immagino! I problemi non mancano mai. Però vorrei proporvi un metodo per presentare e affrontare i problemi che può essere utile a tutti. Se definiamo un problema come la distanza tra ciò che è e ciò che vogliamo che sia, o, per dirla in termini tecnici, come il "gap" tra lo stato presente ed lo stato desiderato, per affrontare il nostro problema possiamo affidarci al modello S.C.O.R.E. 
S = Symptoms: ossia i sintomi del nostro problema 
C = Causes: le cause che lo generano e / o che tendono a perpetuarlo 
O = Outcome: il risultato che vorremmo ottenere 
R = Resources: le risorse di cui disponiamo 
E = Effects: i passi da sostenere e la valutazione degli effetti a lungo termine. 
In pratica vorrei che ogni volta che affrontiamo un problema, chi lo presenta segua questo schema, e lo discuteremo secondo questo schema.
Qualcosa in contrario?

Domande
  • Quali sono i vantaggi della tecnica proposta dal preside?

Risposta
Quali sono i vantaggi della tecnica proposta dal preside?
Al di là della schematizzazione, che non è indispensabile, la tecnica dello S.C.O.R.E. ha alcuni vantaggi:
  • definisce il problema in maniera chiara ed esaustiva
  • separare i sintomi dalle cause permette di tenere separato il ciò che avviene o è avvenuto dal perché, e quindi rende poi più facile trovare e scegliere la soluzione migliore
  • definire il risultato pone l’obiettivo, e quindi fa concentrare su ciò che di desidera ottenere
  • identificare chiaramente le risorse disponibili permette di vedere che il problema è risolvibile
  • lavorare sugli effetti, ciò sulle conseguenze della soluzione del problema, consente di evitare di sovrapporre errori ad un problema esistente (il rimedio peggiore del male, come dice spesso la saggezza popolare attraverso numerosi proverbi)
infine, e forse soprattutto, la tecnica permette di concentrare gli sforzi e l’attenzione sulla soluzione del problema più che sulla ricerca dei colpevoli: pessima, ma consolidata abitudine in tutti gli ambienti di lavoro.

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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