Il patto di fiducia e la salute

Un patto complesso e composito

Il patto di fiducia sulla salute è il più complesso e composito.

Globalmente è basato sul concetto che la comunità, la società, lo stato, il potere, tiene in considerazione la salute del cittadino e il cittadino fa quanto in suo potere per la propria salute. Ma gli attori sono tanti: medico, infermieri, farmacisti, personale delle strutture, pazienti, caregiver…

A complicare ulteriormente l’analisi del patto sulla salute ci sono elementi di storia: tra tutti i patti sociali è quello che ha subito il maggior numero di cambiamenti nel tempo.

C’è un aspetto che riguarda il patto tra medico e paziente, tra Stato e cittadino, paziente e caregiver, e tante altre sfaccettature.

Oggi mi interessa parlare del patto di fiducia tra medico e paziente.

  • In termini temporali è il patto di fiducia più giovane tra quelli che governano il benessere della persona. Per secoli il medico è stata una figura lontana, irraggiungibile, reale solo per pochissimi ricchi e potenti.
  • La salute della maggior parte era affidata al farmacista, all’erborista, nel Medio Evo alla signora del castello, e il medico non veniva neanche considerato.
  • In linea di massima il vero patto di fiducia tra medico e paziente si è instaurato, nei Paesi occidentali, dal dopoguerra ed è cresciuto con i sistemi sanitari che sono stati creati man mano.
  • La nascita di farmaci sempre più efficaci, di strumenti diagnostici sempre più raffinati e di strutture ospedaliere alla portata di tutti hanno fatto sì che la relazione medico-paziente sia diventata un dato di fatte presente quotidianamente nella nostra vita.
  • Ma la storia di questa relazione è molto recente.

Il patto tra medico e paziente è giovane, e fragile.

Da parecchi anni la maggiore scolarizzazione dei pazienti e l’accesso a internet ha portato alla messa in discussione del medico e delle sue scelte. Il medico non ha gradito.

L’altra faccia della medaglia è che da anni il paziente lamenta le scarse capacità comunicative del medico, la carenza di dialogo e di attenzioni umane.

Sono problemi noti, testimoniati da tantissime cause legali, articoli, ricerche scientifiche… si sapeva. Si sa.

La pandemia ha dato un grosso colpo: un terremoto devastante.

Latitanza di medici vicini ai pazienti e eccesso di presenza di medici sui media, troppo spesso con creazione di panico nella popolazione.

E poi la pandemia ha dimostrato che non tutto è curabile…

Sono stati fatti grossi errori.

I medici presenti e attenti hanno invece pagato con sovraccarichi di lavoro e di stress, sensazioni di impotenza e, per molti, burnout verso il quale le strutture hanno prestato scarsa attenzione.

Il dopo pandemia è stata un’occasione persa.

  • In Italia invece si intensificare la medicina di base, il medico di riferimento, l’attenzione e la cura della persona, sia medico che paziente, si è ampliata la lontananza tra medico e paziente.
  • Il medico di base è stato trasformato in burocrate, le visite specialistiche sono ormai un dialogo tra medico e computer, con occasionale presenza e partecipazione del paziente.
  • Il paziente non si fida più del medico, e men che meno delle strutture sanitarie.
  • Il medico non si fida dello Stato, delle strutture.

Chi ha scelto la professione medica per motivi economici è frustrato e disilluso, ed è peggio per chi ha scelto la professione medica per svolgere un ruolo chiave nel benessere della società.

Il patto di fiducia è frantumato.

Ed è drammatico pensare quante e quali sfide sono prevedibili per il futuro.

Servirebbe un vero impegno di tutte le parti coinvolte per ricreare il patto di fiducia, ma non se ne vede la volontà.

Chi ha trovato un medico di cui potersi fidare… lo tenga ben stretto. E piena solidarietà ai medici che fanno davvero il medico.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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