Puoi fare di più, dovrei fare di più… molti caregiver lo pensano, lo dicono e, dal momento che la maggior parte dei caregiver sono donne, dopo un po’ si sviluppa la sindrome di wonder woman.
Quasi improvvisamente ci si ritrova caregiver.
In una società anziana, quasi priva di ammortizzatori sociali, con famiglie sempre meno numerose, l’attività di caregiver per un genitore anziano o per un coniuge è estremamente frequente, e raramente breve.
In poche parole, ci si sfianca, davvero.
L’amore e il senso del dovere si mischiano per farci andare avanti. Quando si parla della combinazione malattie e vecchiaia il percorso è lungo, la fatica tanta.
Ed emerge la sindrome di wonder woman: quella strana idea di poter ribaltare la situazione, quella convinzione che facendo di più, agendo meglio, sia possibile quasi risolvere il problema, ridare la salute.
Sappiamo bene di non essere Dio, ma emerge l’idea di potere e dovere aiutare meglio, di più.
Non succede quasi mai, e siamo solo sempre più stanche, demoralizzate e sole.
È una situazione che, in maniera diversa, accomuna quasi tutti gli archetipi del viaggio dell’eroe che stiamo vivendo.
Solo l’orfano e il viandante ne sono esenti, mentre il martire, il guerriero e il mago vengono colpiti in pieno, ciascuno con modalità e comportamenti diversi, ma tutti con sfaccettature della stessa sindrome.
Eppure, in qualche angolino della nostra mente, siamo consapevoli.
La vita, però, segue il suo percorso.
Ed è alla morte dell’assistito che la sindrome di wonder woman può facilmente trasformarsi in senso di colpa e inutili rimpianti.