È un tempo strano, il nostro.
Siamo verso il termine di quell’epoca iniziata con la rivoluzione industriale, e non sappiamo ancora a quale mondo e società stiamo andando incontro.
Ci sarà, forse, un tempo, in futuro, in cui sapremo distinguere gli eventi in cui abbiamo responsabilità, come le alluvioni derivanti dall’incuria e dalle costruzioni nell’alveo dei fiumi, da quelli più casuali, ma oggi non ne siamo capaci.
C’è chi semina il terrore, e chi sottovaluta i rischi.
La pandemia ha anche portato una grande sfiducia verso la scienza e la medicina. E anche qui sarebbe utile distinguere tra errori e danni provocati, ma la radicalizzazione delle opinioni rende difficile il processo.
È un tempo strano, il nostro.
Non è facile andare avanti, ma è necessario. E per farlo vorrei tornare alle origini.
Tutte le medicina antiche osservavano due aspetti, e cercavano di prendersene cura: il corpo e l’anima, il fisico e lo spirito, il tangibile e l’impalpabile.
È facile osservare come molti dei disturbi, o dei sintomi, lamentati dal medico o in farmacia siano leggibili solo pensando al collegamento tra mente e corpo, e non basta liquidare il problema parlando di malattie psicosomatiche, di conseguenze dello stress o suggerendo di andare da uno psicologo.
Tempi speciali hanno bisogno di persone speciali.
E le persone speciali, oggi, sono medici e farmacisti che ascoltano.
Il medico per fare diagnosi e prescrivere terapie ad hoc, il farmacista per fornire il supporto e il consiglio.
Ben presto basterà l’intelligenza artificiale per collegare esami, sintomi, diagnosi e terapia, ma solo l’intelligenza umana, la comprensione e l’ascolto può affrontare il tempo che stiamo vivendo.