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Guardare indietro per andare avanti

Tempi speciali hanno bisogno di persone speciali

È un tempo strano, il nostro. 

Siamo verso il termine di quell’epoca iniziata con la rivoluzione industriale, e non sappiamo ancora a quale mondo e società stiamo andando incontro.

  • La pandemia ha lasciato il segno. E non mi riferisco solo al long covid, agli strascichi economici e sociali. 
  • Con la pandemia abbiamo riscoperto la nostra impotenza davanti alla natura, sia essa rappresentata da un virus o da un evento atmosferico. E da questo deriva la paura.


Ci sarà, forse, un tempo, in futuro, in cui sapremo distinguere gli eventi in cui abbiamo responsabilità, come le alluvioni derivanti dall’incuria e dalle costruzioni nell’alveo dei fiumi, da quelli più casuali, ma oggi non ne siamo capaci.

C’è chi semina il terrore, e chi sottovaluta i rischi.

La pandemia ha anche portato una grande sfiducia verso la scienza e la medicina. E anche qui sarebbe utile distinguere tra errori e danni provocati, ma la radicalizzazione delle opinioni rende difficile il processo.

È un tempo strano, il nostro.

Non è facile andare avanti, ma è necessario. E per farlo vorrei tornare alle origini.

Tutte le medicina antiche osservavano due aspetti, e cercavano di prendersene cura: il corpo e l’anima, il fisico e lo spirito, il tangibile e l’impalpabile.

È facile osservare come molti dei disturbi, o dei sintomi, lamentati dal medico o in farmacia siano leggibili solo pensando al collegamento tra mente e corpo, e non basta liquidare il problema parlando di malattie psicosomatiche, di conseguenze dello stress o suggerendo di andare da uno psicologo. 

Tempi speciali hanno bisogno di persone speciali.

E le persone speciali, oggi, sono medici e farmacisti che ascoltano.

Il medico per fare diagnosi e prescrivere terapie ad hoc, il farmacista per fornire il supporto e il consiglio.

Ben presto basterà l’intelligenza artificiale per collegare esami, sintomi, diagnosi e terapia, ma solo l’intelligenza umana, la comprensione e l’ascolto può affrontare il tempo che stiamo vivendo.


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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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