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Facciamo il dettato

Scrittura creativa

Storia
Oggi, bambini, facciamo il dettato, ma è un dettato speciale. 
Scrivete:
Era una bellissima giornata, soleggiata, con il cielo terso e l’aria pulita. Gli uccellini cantavano sugli alberi, e anche le cicale cominciavano a farsi sentire. Lucia, Andrea e Matteo, accompagnati da …
E adesso andate avanti voi, e raccontatemi una storia.

Domande
  • Perché la maestra decide di far finire il racconto ai bambini? A cosa serve questo tipo di esercizio?
  • È un esercizio utile solo per i bambini?

Risposta
Perché la maestra decide di far finire il racconto ai bambini? A cosa serve questo tipo di esercizio?
  • Questo tipo di esercizio, che ho definito impropriamente scrittura creativa perché ha alcune analogie con essa, è molto utile per sviluppare la creatività in senso lato.
  • In maniera un po’ più approfondita, l’esercizio si compone in realtà di due diverse parti:
  1. ciò che il ragazzo scrive, attingendo alle proprie esperienze e alla propria fantasia, ha in primo luogo la funzione di sviluppare il pensiero laterale
  2. ciò che poi ascolta dai compagni, ciascuno dei quali ha sviluppato la propria storia, permette di ampliare la mappa del mondo in quanto dimostra, in maniera tangibile, che non esiste una Verità, ma tanti modi di vedere e vivere la stessa esperienza
  • Infine, in particolari casi, questo esercizio può avere la funzione di far esprimere al bambino sentimenti o esperienze che tiene celati, talvolta anche a se stesso, per diversi motivi, incluse le esperienze traumatizzanti, ma lascio a chi si occupa di psicologia questi aspetti.
È un esercizio utile solo per i bambini?
  • Assolutamente no. Per i bambini è più semplice, poiché hanno meno vincoli e coercizioni, quindi sono tendenzialmente più aperti a nuove esperienze, accettano la fantasia e la creatività come un normale elemento del proprio pensiero.
Ma proprio per questo un simile esercizio è estremamente utile anche agli adulti!

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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