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Comunicare con il paziente: cambiare i comportamenti

Talvolta è necessario indurre il paziente a cambiare comportamenti o stile di vita. 

Ci sono numerose situazioni in cui il medico deve indurre il paziente a cambiare comportamenti o stile di vita: smettere di fumare, perdere chili, cambiare alimentazione, ... gli esempi sono tanti.
Ma cambiare un’abitudine, un comportamento, non è una prescrizione: già è complesso indurre il paziente a rispettare orari, posologie e durata delle terapie, figuriamoci il cambiare un’abitudine consolidata.
  • A volte funziona la paura: deve smettere di fumare, sta rischiando la vita!
Ma spesso la paura funziona perché il paziente, quando va dal medico, ha già di per sé uno stato di ansia e timore, che viene potenziato dalle parole del medico, e solo raramente la paura dura abbastanza a lungo da far modificare il comportamento indesiderato. E, a dire tutta la verità, la paura suscitata dalle parole del medico funziona solo se combacia con un timore già presente nel paziente e lo induce a mettere in pratica un cambio di abitudini già desiderato, consciamente o inconsciamente.
Diverse scuole di comunicazione o crescita personale hanno sviluppato esercizi e tecniche che servono a cambiare abitudini e comportamenti. Si tratta di tecniche perfettamente funzionanti se esiste il desiderio e l’intenzione di cambiare il comportamento: nessuna tecnica riesce ad indurre il desiderio di cambiare, o a variare un comportamento se questo non è indesiderato.
E poi il medico non è un tecnico di PNL, né è tenuto ad esserlo, e una visita medica per diagnosticare una patologia e ricevere una terapia adeguata non è la sede per applicare tecniche di counselling, e spesso ne mancherebbe il tempo.
Detto tutto ciò, cosa può fare il medico?
Fondamentalmente due cose essenziali: aiutare il paziente a capire il motivo di quel comportamento e, soprattutto, indurlo a rendere indesiderato quello specifico comportamento.
In realtà, dal punto di vista della relazione medico – paziente, ciò che fa il medico quando terrorizza il paziente è proprio indurlo a rendere indesiderato il comportamento deprecato.
Ma la paura non funziona sempre. 
Prendiamo il fumo: per qualcuno la paura dei danni personali è sufficiente, per altri potrebbe funzionare il desiderio di fare le scale senza fatica, per altri potrebbe servire il timore di creare danni ai figli con il fumo passivo, e così via.
Quindi, ancora una volta, è l’empatia che si deve creare tra medico e paziente che aiuta a trovare la motivazione giusta per quello specifico paziente.

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Ero in farmacia, in attesa. Un’attesa piuttosto lunga visto che si trattava di una farmacia che fa il servizio di prenotazione degli esami e delle visite. Mi annoiavo ed ho cominciato a guardarmi attorno e, confesso, ad ascoltare le chiacchiere degli altri utenti in attesa. Mi ha fatto piacere incontrarti, ma perché vieni in questa farmacia? Non c’è la farmacia XXX più vicino a casa tua ? Sì, la farmacia XXX è decisamente più vicina, ma qui sorridono. Lì sono sempre scorbutici e a volte rispondono anche scocciati se chiedi informazioni. Forse è perché … Ecco. Smetto di ascoltare, e non saprò mai il presunto motivo per cui, nell’altra farmacia, sono scorbutici. Il dialogo è stato illuminante soprattutto per chi, come me, si occupa di comunicazione e management. Mi occupo, e preoccupo, di insegnare tecniche, di cercare le parole giuste, di spiegare modalità di comunicazione, di identificare esempi e suggerimenti, di incrementare hard skills e soft skills, ma ci si dimentica dell’essenziale: il sorriso . Entrare in farmacia, per qualunque motivo, e trovare il farmacista che sorride è un validissimo motivo per scegliere una farmacia invece di un’altra, magari più comoda. Però, attenzione, deve trattarsi di un sorriso vero. Esiste una netta differenza tra un vero sorriso e uno falso, voluto, determinato da movimenti volontari dei muscoli facciali. La differenza è dimostrabile tecnicamente, e per moltissime persone è percepibile a livello inconscio. Il farmacista che sorride non fa una smorfia movimentando le labbra all’insù: sorride veramente. Eppure anche il farmacista può avere problemi personali, attraversare un periodo nero, essere triste o preoccupato. Ciò che spesso dimentichiamo è che siamo noi ad avere uno specifico stato d’animo, e invece spesso ci comportiamo come se fosse lo stato d’animo, soprattutto se negativo, ad avere il pieno possesso di noi. È assolutamente possibile accantonare uno stato di infelicità per un certo periodo, dando spazio a veri sorrisi. Come? Qui le tecniche, gli esercizi e le riflessioni contenuti anche in questo sito, possono essere di aiuto: pensieri felici, meditazione, comunicazione, possono fare la differenza, quando è necessario. Ma il primo passo è personale: bisogna volerlo. Per quanto storte vadano le cose, ogni tanto si può dare una vacanza al dolore, dedicarsi agli altri, anche fornendo sorridendo la medicina prescritta o il consiglio richiesto.
Autore: Carla Fiorentini 15 settembre 2024
Da molti anni il mondo delle aziende utilizza quello che viene definito management by objective : gestione per obiettivi . Si tratta di definire uno o più obiettivi e perseguirli per un certo periodo di tempo. La scuola si è poi adeguata, anche se non sempre parla di obiettivi o di piani strategici, ma si affida ad una serie di sigle e burocrazie che, più o meno, hanno la stessa funzione. Parlare quindi di obiettivi per il nuovo anno scolastico è del tutto legittimo. Eppure … La gestione per obiettivi ha, da tempo, evidenziato una serie di limiti e problemi nel mondo aziendale , ed è triste vedere la scuola che, in ritardo, si adegua ad imitare anche gli errori dell’industria. Attenzione, però, non prendere questo come una scusa per non pianificare il nuovo anno alle porte, anzi. Si tratta di aggiungere, non di togliere. Se mi seguite sapete bene che io mi fisso una serie di obiettivi, in diverse occasioni, dunque apparentemente faccio qualcosa che ho appena dichiarato inutile. Dov’è il trucco? Gli obiettivi servono, funzionano, hanno un senso solo se inseriti in un contesto di Vision, cioè di aspirazione e desiderio globale di realizzazione di qualcosa di importante. La Vision offre il contesto da realizzare, gli obiettivi discendono da questo e permettono, a loro volta, di tradurre in azioni pratiche e giungere alla realizzazione concreta. Il consiglio è quindi di utilizzare queste ultime settimane prima dell’inizio delle lezioni per identificare la vostra Vision, in vostro sogno per il nuovo anno. Ti chiedi quali sono le differenze sostanziali tra obiettivi e vision? La risposta, per quanto limitata all'essenziale, è nella vignetta qui sotto. Gli obiettivi sono, sostanzialmente, contenuti anche nei programmi ministeriali. Personalmente suggerisco di dedicare un po' di tempo a ragionarci su, declinarli, scriverli con un linguaggio che risuoni. Tuttavia gli obiettivi sono fortemente razionali: cosa insegnare, come, in quali tempi, quali livelli di conoscenza far sviluppare negli studenti... In pratica, gli obiettivi servono per riempire il secchio delle competenze. La vision è il sogno da condividere e realizzare insieme alla classe, e ad ogni singolo studente. In pratica, quale fuoco accendere. Nella vision possiamo stabilire che tipo di atmosfera vogliamo creare, quali valori desideriamo trasmettere, che insegnante desideriamo essere, quale impronta lasciare per il futuro della classe e di ogni singolo studente, e molto altro.
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