Una nuova insegnante

Comunicazione non verbale

Storia
Marta ha preso servizio da un mese in una scuola elementare. Adora i bambini, che la ricambiano con affetto, ed è un’insegnante sempre desiderosa di sperimentare. Oggi riceve la mamma di uno dei nuovi alunni, che ha chiesto appuntamento.
Mi perdoni se sono già venuta a cercarla dopo solo un mese di servizio. Immagino conosca appena i bambini, ma ero davvero curiosa di conoscerla. Sono la mamma di Daniele.
Al contrario, signora. Mi fa davvero piacere cominciare a conoscere le famiglie degli alunni. Daniele è davvero un bravo bambino, molto sveglio per i suoi sette anni scarsi. 
A volte penso che sia fin troppo sveglio! Ma immagino che i bambini di oggi siano molto diversi da come eravamo noi alla loro età.
Mi perdoni la domanda diretta, signora, ma perché dice che era curiosa di conoscermi?
Perché da un mese Daniele non fa che parlare di lei, ed è passato dalla perplessità all’amore più sfegatato. Non ha fatto così con nessun altro, nemmeno quando andava alla scuola materna o all’asilo.
Cosa vi ha raccontato Daniele? Mi faccia tutte le domande che vuole.
Daniele è sempre stato molto vivace, mai fermo, neanche quando guarda i suoi cartoni preferiti alla televisione. A tavola, poi, era un disastro. Il padre ci tiene moltissimo alla disciplina, e onestamente anch’io. Eppure tutte le sere, a cena, si finiva a litigare. Ma da quando è arrivata lei la situazione è radicalmente cambiata.
Un pomeriggio l’ho trovato seduto davanti alla TV, in posa perfetta, con le braccia conserte dietro la schiena. Mi è venuto spontaneo e ho chiesto “cosa fai” e lui mi ha detto che era un insegnamento della nuova maestra. Adesso a tavola sembra un piccolo lord. E c’è di più. L’altro giorno era nella sua camera e fare i compiti. Credo dovesse imparare una poesia a memoria. Il padre è entrato per vedere se aveva bisogno d’aiuto e l’ha trovato in piedi, perfettamente fermo, che recitava composto. Poi ha chiesto a suo padre se l’ascoltava per sapere se pronunciava bene le parole.
Siamo rimasti sconvolti. E quando chiediamo qualcosa dice sempre che è stata lei. Ho chiesto alla mamma di Anna, siamo amiche da anni, e mi ha confermato che anche Anna ha un comportamento impeccabile. Come ha fatto?
Domande
  • Già, cosa avrà detto Marta agli alunni e perché?
Risposta
cosa avrà detto Marta agli alunni?
Marta ha trasmesso agli alunni, ed evidentemente Daniele ha recepito, alcune regole di comunicazione non verbale utili in diverse occasioni. Si tratta di informazioni che, forse casualmente, coincidono con norme di buona educazione, ma lo scopo di Marta non è solo quello di avere in classe bambini educati.
Grosso modo Marta potrebbe aver detto questo:
Quando leggete o guardate qualcosa che vi interessa alla TV, oppure quando spiego, cercate di stare con le braccia aperte, o di tenerle dietro la schiena, e di stare dritti perché dei professori hanno dimostrato che chi sta con le braccia chiuse, oppure sdraiato sul banco, impara molto meno. Quindi se state seduti per bene imparate di più e più facilmente. 
Poi vi insegno un altro trucco. Se imparate a stare dritti, composti e a guardare le persone negli occhi educatamente la gente vi considera bravi, quindi è più difficile che indaghi sulle vostre marachelle, o che si arrabbi quando le scoprono.
E quando vi interrogo voglio che impariate a stare in piedi, dritti, senza dondolare. In questo modo riuscite ad essere più sicuri di voi, e sembra che sappiate le cose meglio, dimostrate meno dubbi e incertezze, e così risultate più preparati. 
E poi mi raccomando: pronunciate bene le parole, chiaramente. Anche questo dimostra la vostra preparazione. I grandi, si sa, sono sempre un po’ prevenuti. Se bofonchiate pensano che non abbiate studiato, mentre se pronunciate bene le parole e poi, improvvisamente, vi fermate, penano semplicemente che vi siate emozionati e abbiate dimenticato qualcosa
Queste piccole regole fanno parte della Comunicazione non verbale. Qui sono state semplificate e sintetizzate, anche perché il racconto è impostato su bambini piccoli. Però prima si imparano queste regole di comportamento, che sono anche trucchi per facilitare la vita agli studenti e aiutarli a superare esami o colloqui di lavoro, e meglio è.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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