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Che farmacista voglio essere

Per il farmacista, e la farmacia, si stanno aprendo nuovi spazi: è il momento di scelte strategiche.

Molto stava già accadendo, e moltissimo è successo a seguito della pandemia. Il farmacista dispensatore di ricette aveva già da tempo ridotto il suo ruolo, e ora sono variate le modalità.

Ma poi è nata la farmacia dei servizi, che offre ampi spazi di scelta. Si è aggiunto e integrato il ruolo del farmacista nella gestione della cronicità, e poi ci sono i mercati in espansione, come quello degli integratori alimentari e degli alimenti funzionali, e ancora i tamponi per i covid, le vaccinazioni, spazi per gli esami che, un tempo, erano solo la misurazione della pressione.

Mi fermo con le descrizioni: ogni farmacista sa bene di cosa parlo.

Da sempre il farmacista gode della fiducia da parte del cliente-paziente, nella pandemia è stato spesso il punto di riferimento principale, e man mano le normative cambiano e si aprono nuovi spazi.

Ricoprirli tutti è quasi impossibile, tranne per le grandissime farmacie che si dotano di personale specializzato. Sapere tutto di tutto è praticamente impossibile per qualunque farmacista.

La maggior parte delle farmacie fa delle scelte. La maggior parte dei farmacisti fa delle scelte.

È importante rendersi conto che ogni scelta è strategica.

Ogni scelta deve essere determinata da quale strategia si desidera sviluppare per la farmacia e non dettata dalla casualità o da fattori esterni che ci sembrano condizionanti, ma potrebbero invece essere gestiti.

Ho visto farmacie scegliere di non gestire i tamponi “perché non avevano spazio” e farmacie trasformare spazi poco utilizzati o affittare nuovi spazi per gestire i tamponi. La prima rischia di essere una scelta casuale in cui fattori esterni condizionano il presente e il futuro della farmacia. La seconda è molto probabilmente una scelta strategica.

E questo è solo un esempio.

Il presente, e il futuro, offrono grandi opportunità alle farmacie, e ai farmacisti. Hai cominciato a pensare cosa vuoi essere e diventare?

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Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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