Business in farmacia - Definire gli strumenti di misura e controllo

Un buon piano strategico, per essere efficace, deve avere strumenti per controllarne l’andamento e misurarne il successo.

Se decidete di perdere 10 kg di peso cosa fate?
Probabilmente stabilite una dieta, aggiungete attività fisica, fissate il punto di inizio pesandovi su una buona bilancia e definite il punto di arrivo, da valutare sempre sulla stessa bilancia. Poi rendete la dieta un elemento fruibile, con un piano alimentare giornaliero, fate la spesa per avere gli ingredienti giusti. Pianificate altrettanto bene l’attività fisica, iscrivendovi ad una palestra, facendo una programmazione di esercizi, comprando uno di quegli strumenti che verificano il numero di passi o il consumo di calorie, … In pratica, vi fate un bel piano che, lo sapete in anticipo, dovrà essere seguito e perseguito per mesi. E cominciate.
Dopo una settimana vi pesate, e magari siete soddisfatti: avete cominciato a perdere peso.

Dopo 4 settimane vi annoiate un po’. Continuate la dieta, e tutto il resto, ma controllate i progressi osservando come vi stanno larghi i vestiti.

Alla quinta settimana fate la verifica dei progressi in base a quanto vi stanno larghi i vestiti che indossavate dieci anni prima, e avete l’impressione che la dieta non funzioni più bene.

Alla sesta settimana c’è una svolta: valutate i progressi della dieta in base a quanto riuscite a risparmiare e alle riduzione delle spese con la carta di credito. Così, quando alla settima settimana avete perso 8 chili e dovete comprare alcuni vestiti nuovi, osservate che le spese della carta di credito sono aumentate e concludete che la dieta non funziona, e smettete tutte le attività correlate.

Tutto questo vi sembra un po’ assurdo? Eppure, ovviamente con le dovute analogie, è esattamente quello che viene fatto in molti casi, e anche in molte aziende. Come credo sia chiaro nell’esempio se viene cambiato il parametro di valutazione, lo strumento di misura, è molto semplice giungere a conclusioni sbagliate. A volte, tanto per essere sicuri che i piani strategici non funzionino, si comincia da subito a usare parametri di controllo assurdi.

Se il vostro obiettivo prevede un aumento dei clienti fidelizzati e la vostra strategia si basa sulla fidelizzazione dei clienti, usare come strumento di verifica il numero degli scontrini fiscali giornalieri non è una buona idea.

Se avete fatto tutto il piano per ridefinire il posizionamento della vostra farmacia, e avete deciso di investire su un nuovo arredamento e sulla formazione dei collaboratori, non potete verificare il successo del piano in base agli aumenti di profitto nei primi mesi poiché, ovviamente, i nuovi investimenti determinano sul breve termine una drastica riduzione dei profitti.

Scegliete quindi accuratamente i vostri strumenti di misura e di controllo del piano strategico e, se dopo qualche tempo, vi sembra che qualcosa non funzioni rivedete i parametri prima di buttar via una strategia.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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