Attento a come parli!
Filtri sensoriali
Storia
Buongiorno ragazzi
Disse la professoressa di storia entrando in aula. Come sempre era praticamente perfetta: tailleur grigio antracite, camicia bianca e sciarpa di seta nei toni abbinati, scarpe a tacco basso nuove di zecca, un filo di perle al collo e anello di fidanzamento sfavillante al dito.
Vediamo un po’ chi interrogare oggi
Proseguì guardando gli studenti uno per uno. In aula non si muoveva nulla: né gli studenti, né gli stessi capelli della professoressa, come sempre perfettamente pettinati.
Nel silenzio generale si alzò una mano dal terzo banco.
Che c’è Andrea?
Prof, se mi permette di dar voce a un’opinione che so essere diffusa, non mi suona giusto che lei interroghi anche oggi. A dire la verità ha interrogato anche l’altro ieri.
Andrea, ragazzi! Guardatemi bene in faccia. Non voglio danneggiarvi, ma come sapete sta tra poche settimane ci sono i colloqui con i vostri genitori e non mi sono ancora fatta un’immagine chiara della vostra preparazione. E poi, senza ombra di dubbio, due settimane fa vi avevo espresso chiaramente la mia intenzione di interrogare tutti almeno una volta nell’arco di un mese: manca ancora più di metà della classe. Andrea, tu che sei rappresentante di classe, smetti di guardarmi storto e dimmi se un lampo di genio ti illumina su come posso interrogare tutti se non è mai il giorno giusto.
OK professoressa, il messaggio è arrivato forte e chiaro. Facciamo che lei oggi interroga quelli che sono, per così dire, volontari, poi facciamo un elenco delle interrogazioni nelle prossime settimane. Oggi vengo io: ieri ho studiato parola per parola sia il libro che gli appunti. Luca, fatti sentire anche tu: ieri hai studiato con me. Ragazzi, se siete d’accordo emettete un suono, datemi uno squillo. E lei, prof, si pronunci e ci dica se è d’accordo.
Dal mio punto di vista non va bene. Tu e Luca siete già stati interrogati, e siete sempre tra quelli con la risposta pronta durante le lezioni, quindi mi sono già fatta un quadro della vostra preparazione. Facciamo così: per oggi chiudo un occhio e spiego io, ma lunedì e mercoledì prossimo tutti quelli che non sono ancora stati interrogati dovranno tenersi pronti e mettersi nella prospettiva che potrebbero essere chiamati. È chiaro? Poi non voglio sorprese!
Domande
- Il testo tratta uno degli argomenti legati alla comunicazione. Quale?
- Quali informazioni, correlate all’argomento trattato, possiamo acquisire sulla professoressa e su Andrea leggendo il testo?
Risposte
Il testo è esemplificativo dei filtri sensoriali. La professoressa è visiva, mentre Andrea è uditivo.
Gli indizi per la professoressa:
- La prof è perfettamente vestita e pettinata
- Vediamo un po’ chi interrogare oggi
- Guardatemi bene in faccia
- non mi sono ancora fatta un’immagine chiara della vostra preparazione
- E poi, senza ombra di dubbio
- vi avevo espresso chiaramente la mia intenzione
- e dimmi se un lampo di genio ti illumina
- Dal mio punto di vista non va bene
- mi sono già fatta un quadro della vostra preparazione
- per oggi chiudo un occhio
Gli indizi su Andrea
- dar voce a un’opinione che so essere diffusa
- non mi suona giusto che lei interroghi anche
- Andrea, tu che sei rappresentante di classe, smetti di guardarmi storto
- il messaggio è arrivato forte e chiaro
- lei oggi interroga quelli che sono, per così dire, volontari
- ieri ho studiato parola per parola sia il libro che gli appunti
- Luca, fatti sentire anche tu: ieri
- Ragazzi, se siete d’accordo emettete un suono, datemi uno squillo
- Tu e Luca siete sempre tra quelli con la risposta pronta durante le lezioni
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …

Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.






