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Antibiotici ed educazione alla salute

Per fermare il cattivo uso degli antibiotici bisogna informare ed educare

Le restrizioni sulla vendita di antibiotici senza prescrizione sono sacrosante: la resistenza agli antibiotici è davvero un problema serio, in buona parte provocato dall’abuso e dal cattivo impiego di questi farmaci.

Vietare, e basta, non è però una soluzione. Né è una soluzione lamentare la facilità con cui alcuni medici prescrivono antibiotici.

La ricetta elettronica (benvenuta e benedetta, secondo me) ha aggravato un problema: le scarse informazioni che il paziente riceve su modalità, durata e orari di assunzione del farmaco.


Va ricordato che una delle cause principali di resistenza agli antibiotici non è l’assunzione di questi farmaci quando non è assolutamente necessario, elemento dannoso, sicuramente, ma meno di quanto lo siano terapie “ridotte”.

L’antibiotico viene da molti ritenuto un farmaco “di emergenza” e, finita quella che il paziente ritiene essere l’emergenza, si smette di assumere il farmaco. È la scelta ottimale per indurre qualunque batterio a sviluppare resistenza.

Le regole di durata della terapia, poi, sono diverse a seconda dell’antibiotico, oltre che della patologia.

Davvero qualcuno spera, medico o farmacista, che il paziente legga accuratamente il bugiardino?

Credo di no, anche perché leggere un foglietto illustrativo scatena nei non addetti ai lavori timori per i più strani effetti indesiderati!


Credo quindi che il farmacista sia una figura essenziale nella lotta all’antibiotico-resistenza, ma non solo rifiutando il farmaco senza ricetta, soluzione solo parzialmente efficace e che spesso induce solo a fare una telefonata e ottenere una ricetta elettronica.

Il ruolo del farmacista come educatore alla salute è, secondo me prima ogni altro impegno, quello di far sì che i farmaci vengano assunti correttamente, assicurandosi che il paziente sappia quando assumere l’antibiotico e per quanto tempo, rendendolo anche consapevole dei perché e delle conseguenze possibili.

Faticoso? Sì, ma estremamente utile.

Come far sì che il paziente comprenda? Questo fa parte delle competenze di comunicazione! 

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