Oggi vi racconto la mia visione del leader.
Il leader non è un capo: potrebbe esserlo, se è un bravo leader dovrebbe esserlo, ma non è necessario che lo sia. Associare il ruolo di leader a quello di capo è un’abitudine, un modello mentale, che vede la leadership tradizionale inesorabilmente abbinata al potere e al comando.
Ed ecco un altro termine che ha creato non poche confusioni: il potere. Il potere, per me, è responsabilità. Dovere di decidere e guidare, non diritto di comando. C’è una bella differenza!
Vi propongo quindi una visione del leader, che ovviamente potete accettare, rifiutare o discutere: il leader è colui che si prende cura degli altri.
Se deve, sa decidere, sa assumersi le responsabilità, sa guidare, sa persino comandare. Se è un capo non abdica al suo ruolo istituzionale, non si nasconde dietro il team, ma sa anche delegare. Non deve decidere per forza.
Il leader non si nasconde mai, né è sempre in prima fila. Sono le circostanze a guidarlo e il bene comune a determinare le sue scelte. Sa ascoltare, parlare o tacere: non ha preferenze verso l’uno o l’altro.
Il capo leader sa spingere i riottosi, i timidi e gli insicuri, e sa anche fermare gli arroganti, gli avventati e gli irruenti.
Il leader conosce se stesso. Non si occupa di se stesso, né si preoccupa delle sue necessità, ma dedica tempo a se stesso per conoscersi e migliorarsi. Il leader, secondo me, non è colui che si sacrifica, ma colui che riconosce nel bene comune il vantaggio collettivo.
Oggi il leader deve saper vedere e pensare in maniera sistemica, ed è meglio se sa anche sognare.
Ovviamente il leader non giudica, ma non è questo a fare di lui un leader.
L’insegnante dovrebbe coltivare la propria leadership?
Io credo di sì, considerando che la sua influenza sugli studenti è comunque importante: può essere profondamente positiva, talvolta pesantemente negativa, raramente indifferente.
Pensare, però, che solo persona carismatiche possano fare gli insegnanti è totalmente assurdo, e tantomeno necessario secondo la definizione di leader come colui che “si prende cura”. Qual è quindi la leadership da coltivare?
Non credo che esistano regole, e in realtà è dalla varietà delle personalità e degli stili di leadership degli insegnanti che il giovano può formarsi una personalità completa, vagliando e scegliendo, per analogia o per contrasto. Ci sono però alcuni consigli, per la maggior parte ovvii, ma importanti.
La religiosità è un valore, il senso del divino è un valore. La religione è una convinzione. Lo so, vi sto facendo l’esempio più difficile da digerire, e forse il più controverso. Però è la realtà. La religiosità e il senso del divino sono valori universali, indipendenti dalla cultura, dal luogo di nascita, dall’età, dallo stile di vita, e persino dalla religione in cui si crede o che si pratica. Tant’è vero che si può essere atei ed avere un profondo senso di religiosità, ad esempio davanti ad un spettacolo della natura. La religione è invece una convinzione: ognuno ha la propria e purtroppo molte guerre sono state combattute in nome della religione.
È davvero ovvio, ma spesso ci sono fraintendimenti sull’argomento. I giovani, soprattutto i bambini, hanno pieno rispetto per problemi o limiti altrui. Se l’insegnante dichiara di non essere in forma, la maggior parte degli alunni parla a voce bassa. Sono però altrettanto bravi a cogliere i bluff. Così è inutile far finta di essere ciò che non si è, fingersi superman, dichiarare di non sbagliare mai o altre falsità del genere. La “disonestà” viene generalmente pagata con la sfiducia.
Un ultimo elemento è, sempre secondo me, fondamentale. Se l’insegnante si dimostra desideroso di imparare diventa quasi immediatamente una guida per gli studenti. In parte è il famoso “insegnare tramite l’esempio”, in parte è la trasmissione del valore dell’apprendimento, in parte gioca un fattore di coerenza (chi insegna dovrebbe essere colui che maggiormente desidera imparare).
Buon lavoro, leader!