Ribaltare i modelli mentali - Presentazione progetto

Da anni conduco una mia personale battaglia di eliminazione delle dicotomie. Ho scritto sull’argomento, e ora diventa un “progetto”, e un gioco. 

Ci sono due cose che aiutano, tanto, a gestire le esperienze difficili. Due elementi che non solo contribuiscono a trasformare la difficoltà in risorsa, vero obiettivo di ciò che definisco “gestire l’esperienza”, ma che, una volta imparati, servono ogni giorno:
  • cambiare prospettiva
  • l’ironia e l’auto-ironia
Raramente, nei corsi, riesco a dare sufficiente spazio a coltivare queste cose, nonostante io parli di tecniche ad hoc e faccia fare esercizi.
C’è, tuttavia, una specie di gioco che aiuta a sviluppare entrambe: ribaltare i modelli mentali. Ogni tanto scrivo su questo argomento, e ora voglio dargli lo spazio che, secondo me, merita.
D’altra parte… mi annoio, ho voglia di qualcosa di nuovo, ed è imperativo cercare spazi, notorietà e clienti.
È nato così Ribaltiamo… i modelli mentali.
Ci sono tanti articoli e spiegazioni su cosa sono i modelli mentali: non mi metto ad annoiare raccontando ulteriori versioni. Io ho scoperto il concetto dei modelli mentali leggendo La quinta disciplina di Peter Senge: lettura istruttiva e affascinante. Ma questo è il mio percorso.
Ciò che intendo per modello mentale ha qualche attinenza con le convinzioni raccontate dalla programmazione neurolinguistica, ma non sono la stessa cosa.
Tutti questi principi teorici, qui ed ora, non sono la mia priorità, che rimane quella di cambiare prospettiva, e riderci sopra.
E se non riesco a salire in cattedra, ed ho qualche problema nel salire sulla cattedra come Robin Williams ne L’attimo fuggente, vorrà dire che scendo in cantina, nei meandri di ricordi e abitudini, per ribaltarli.
E ti prego di ricordare un concetto fondamentale: non si tratta di sostituire un modello con un altro, una convinzione con una diversa, nemmeno se la vecchia è limitante e la nuova è potenziante. Si tratta di entrare nel meccanismo che tutto è possibile, può essere utile, e che rifuggire e ribaltare le dicotomie di cui siamo infarciti serve per vivere meglio.

Come funziona il gioco? Perché sì, si tratta prima di tutto di un gioco!
Ogni giovedì, in diretta FB (o con un video registrato) mi divertirò a ribaltare uno specifico modello mentale: appuntamento di 15-20 minuti alle 14.00 circa.
Il video sarà poi salvato, riportato sui miei social, Linkedin, Youtube, pagine FB e sul mio canale Unpensierofelice di CAM TV
E lo so, non si spammano i video: Google non apprezza e li rende meno visibili. Posso dire Chi se ne frega?
Ogni ribaltamento avrà anche un articolo dedicato
  • Il progetto parte ufficialmente giovedì 8 aprile, ma mi piace raccontarti l’anteprima il 1° aprile, per ricordarti che sto giocando.
So che prima o poi potrei toccare tasti che daranno fastidio a qualcuno: basta non leggere e non guardare.
Spero, prima o poi, di imparare anche a fare le dirette con un ospite che, come me, abbia voglia di ribaltare il mondo. Non ora: non sono nativa digitale e fatico, non poco, a far funzionare la baracca!
Qui di seguito trovi un elenco, un po’ alla rinfusa, dei modelli mentali in discussione: se hai ulteriori suggerimenti, ne sarò felice. 
  • La zona di comfort 
  • Quando hanno ribaltato i miei modelli mentali
  • Imparare a dire NO
  • Amare ed essere amati 
  • Accogliere ed essere accolti 
  • Il perdono 
  • L’erba voglio 
  • La modestia 
  • L’eroico Ulisse e la paziente Penelope 
  • Giusto e sbagliato 
  • L’esame di coscienza 
  • La felicità 
  • La mancanza di autostima 
  • L’empatia 
  • Che ci faccio qui 
E, per finire, ti racconto perché ho iniziato a cambiare prospettiva, e poi ci ho preso gusto.
Io non sono abbastanza: me lo ripeto e me lo ripetono da tutta la vita.
  • Il primo elemento o, meglio, il fattore scatenante, è stato qualcosa che ho riconosciuto solo dopo moltissimi anni e tanti corsi di crescita personale, qualcosa contro cui sto ormai conducendo una mia battaglia affinché quello che è successo a me non capiti ad altri.
Una delle frasi più comuni relative ai malati di cancro, dette generalmente come incoraggiamento o citate nelle assurde affermazioni degli adulti, è che il malato deve impegnarsi a vivere perché gli altri hanno bisogno di lui. 
In qualche modo io, bambina silenziosa di pochi anni, ho sentito e assorbito questo concetto. Mia madre era malata di cancro, ed è morta quando non avevo neanche tre anni. La logica conseguenza e deduzione è che io non ero abbastanza per farla impegnare a vivere, come se lei avesse avuto il potere di scegliere se vivere o morire e avesse scelto di morire perché io non ero abbastanza per la sua voglia di vivere.
Quando, molti anni dopo, davanti al mio cancro mi hanno suggerito di lottare e vivere perché altri avevano bisogno di me… ho reagito malissimo. Ma questa è un’altra storia.

Ho impegnato quasi 50 anni per scoprire perché non mi sentivo mai abbastanza e per togliermi di dosso quel marchio infamante, ma è chiaro che è stato facile convincermi che non ero abbastanza buona, brava, intelligente, bella…
Per mia grande fortuna ero, e sono, abbastanza ribelle e decisamente rompiscatole, e poi ho incontrato l’I Ching
  • Dall’I Ching è nato il taoismo, e quel simbolo che tutti conosciamo: nel bianco c’è un pizzico di nero, e viceversa. Non esiste un giusto o sbagliato in assoluto, tranne che per i principi etici. 
  • L’I Ching mi ha tolto l’abitudine alle dicotomie, mi ha aperto mondi, e io ho cominciato a cambiare prospettiva, timidamente, all’inizio, e con passione, poi.
Mi serve, mi aiuta, sdrammatizza i momenti difficili. 
Ed è tempo di cominciare a giocare insieme.


Autore: Carla Fiorentini 19 ottobre 2025
La sofferenza aiuta a crescere
Autore: Carla Fiorentini 19 ottobre 2025
Quando si parla di rinnovare la scuola, soprattutto la scuola dell’obbligo, sento che alla base c’è un grande equivoco, un enorme fraintendimento che vanifica qualunque buona intenzione. Lo so: non ho alcun titolo per fare questa affermazione. E infatti il mio non è un giudizio, ma una riflessione, che pure sento condivisa da tanti insegnanti sicuramente volonterosi e scrupolosi, e dubbiosi sul loro futuro e su quello dei loro studenti. Come dice Snoopy “ educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco ”. Ci sono altre frasi, altri dotti autori, che nel tempo hanno affermato lo stesso concetto: mi piace riprendere le parole di Snoopy perché hanno tutta la saggezza dei nostri bambini. I politici, deputati a fare la riforma scolastica o almeno a prendersi cura della scuola, continuano ad affermare che la scuola deve preparare al mondo del lavoro, deve formare i ragazzi per il futuro. L’equivoco è proprio qui. È vero che la scuola deve preparare i ragazzi, è vero che la scuola può e dovrebbe fornire tecniche, strumenti, mezzi per il futuro e per il mondo del lavoro. Ma pensiamo un attimo alla differenza del mondo del lavoro tra quando andavamo noi a scuola e quando poi siamo andati a lavorare, o alla differenza della società tra quando abbiamo iniziato a lavorare e oggi. C’è un abisso! Ci sono differenze enormi. E l’accelerazione ai cambiamenti a cui assistiamo fanno pensare che tra oggi e il 2030, 2040, quando andranno (speriamo) a lavorare i ragazzi che oggi sono alle scuole elementari le differenze saranno davvero impensabili. Come possiamo preparare i bambini ad un futuro che ci è totalmente ignoto, ad un mondo del lavoro che non conosciamo? Le differenze tra l’oggi e i successivi 15-20 anni erano molto meno marcate 30 o 50 anni fa. Non possiamo preparare gli studenti di oggi al mondo del lavoro del futuro, semplicemente perché non sappiamo quale sarà il mondo del lavoro in futuro. Quello che possiamo (e, credo, dobbiamo fare) è mettere gli studenti di oggi in condizione di costruirsi il futuro, di affrontare al meglio il mondo del lavoro e la loro vita futura. Dobbiamo fornire le basi affinché abbiano voglia di impegnarsi per creare un futuro e una società migliore, migliore anche di quella che gli stiamo mostrando oggi. Oggi, più che mai, dobbiamo trasmettere un fuoco di cultura vera, creativa, gioiosa. Se per farlo è necessario aumentare le tecnologie a scuola (ed è necessario) gli insegnanti dovranno impegnarsi per apprenderle e usarle. Ma ricordando che la tecnologia è un mezzo, non un fine . La scuola non prepara al futuro: la scuola prepara il futuro se costruisce cittadini consapevoli, preparati, fiduciosi, collaborativi, curiosi, colti, uomini e donne ricchi di valori e di cultura.
Autore: Carla Fiorentini 12 ottobre 2025
Se facessimo una classifica di pazienti modello gli italiani non sarebbero certo ai primi posti, lo sappiamo da anni. Sappiamo che gli italiani si auto riducono i dosaggi, terminano le cure prima di quanto ha detto il medico, non rispettano le posologie, … Ora, a tutto questo, si è aggiunta una sorta di auto-riduzione dei farmaci prescritti. Ma il vero problema è che ora tutto ciò che già accadeva, e molto di più, è originato dalle difficoltà economiche in cui versano molti italiani. E se prima le autoriduzioni di posologia o durata della terapia erano frequenti soprattutto nelle patologie acute, oggi la rinuncia alla terapia, o la sua drastica riduzione, avviene soprattutto nelle patologie croniche. E raramente il medico è a conoscenza della situazione: il paziente non ha la forza, o il coraggio, di dichiarare al medico la sua realtà. Ancora una volta, dunque, è il farmacista colui che ha maggiormente il polso della situazione, e che è chiamato, sebbene non ufficialmente, a supportare il paziente. Cosa può dunque fare il farmacista? Il mio parere personale è di creare una vera e propria rete di allerta, sostegno e valutazione che coinvolga il farmacista “di quartiere” e il medico di base, che abbia anche la possibilità di intervento reale nel fornire farmaci a chi, davvero, rinuncia alle terapie per motivi economici. È un sogno, lo so. Rimanendo su azioni concrete credo che il farmacista possa fare molto con le sue capacità di sostegno e consiglio, senza sostituirsi al medico. Credo anche che il futuro sia nello sviluppo di competenze di coaching per il medico e il farmacista. Competenze che permettono di motivare il paziente, supportarlo durante la terapia, finalizzare le cure, e ridurre anche i costi in numerose sfaccettature del sistema sanitario consentendo così di ricavare risorse per fornire terapie totalmente gratuite a chi, altrimenti, non può permettersele. Un sogno anche questo, ma più facile da raggiungere rispetto al precedente.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Non è, ovviamente, mia intenzione dare consigli su rimedi della nonna, antiche ricette o terapie alternative, ma solo riflettere, e farvi riflettere, su come rispondere al paziente che vi racconta di cure di supporto che, a lui, appaiono tanto efficaci. Le situazioni sono molteplici, e i rimedi sono infiniti. Si va dai consigli alimentari alle cure palliative, dai decotti alle sciarpe rosse: si usa di tutto e si sente di tutto. Talvolta sono i rimedi della nonna, altre volte sono antiche ricette lette su qualche rivista di salute, o consigli letti sul web o ricevuti da qualche amico. Siatene certi: la maggior parte dei vostri pazienti fa uso di qualche rimedio, integratore, elemento salutistico o alimento prodigioso, sia che ve lo racconti sia che stia in totale silenzio . Ci sono gli alimenti salutari, le medicine alternative, i rimedi tramandati in famiglia, le pubblicità … È chiaro che il medico dovrà valutare caso per caso, ma ci sono alcune raccomandazioni (dettate dal buon senso, oltre che dallo studio della comunicazione) che valgono sempre. Il primo consiglio è che è sempre meglio sapere tutto quello che il paziente assume o fa, soprattutto se siete il medico di famiglia che tiene le fila della sua storia clinica. Se contestate, sminuite, rifiutate o ridicolizzate ogni rimedio che i vostri pazienti ritengono efficaci ciò che otterrete non sarà l’eliminazione delle aggiunte, palliative o terapeutiche, ma solo e semplicemente il paziente smetterà di raccontarvi ciò che assume . Il secondo consiglio, strettamente correlato al primo, è che l’effetto placebo, nelle sue diverse forme, è un fattore fondamentale per la guarigione, di qualunque malattia. Visto che parliamo di rimedi della nonna citerò le parole di mia nonna, quando mi trovò (avevo circa un anno) a mangiare i chicchi d’uva raccolti da terra poiché non arrivavo ai filari: quel che non strozza, ingrassa. Quello che non fa male, va bene. Imparate quindi ad accettare quei rimedi che non fanno alcun danno, e accettateli di buon grado. Eliminate, invece, drasticamente ciò che è rischioso o, meglio ancora, sostituitelo con qualcosa che sia innocuo o davvero di supporto. Potrete così mantenere alto l’effetto placebo e, contemporaneamente, conservare la fiducia del vostro paziente e un alto livello di dialogo.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Un pizzico di teoria utile in un video
Autore: Carla Fiorentini 7 settembre 2025
Dal mio libro Quattro passi in galleria- quando non vedi la fine del tunnel, arredalo , che si può acquistare on line oppure ordinare in libreria, Il racconto del momento in cui sono stata costretta a tagliare i capelli, che sarebbero caduti (tutti!) con la chemioterapia
Autore: Carla Fiorentini 7 settembre 2025
Riflessioni
Autore: Carla Fiorentini 4 settembre 2025
Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.
Autore: Carla Fiorentini 4 settembre 2025
Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.
Autore: Carla Fiorentini 30 agosto 2025
Un libro meraviglioso e, credo, particolarmente utile in questo periodo in cui la scuola va protetta, ripensata, resa più utile…
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