Io qui non vengo a risolvere nulla.
Sono venuto solo per cantare
e per farti cantare con me.
Pablo Neruda
In genere percepiamo solo alcune, superficiali, caratteristiche delle persone che conosciamo, e le usiamo per crearci una sorta di sintetico catalogo.
Detto così brutalmente, sembra terribilmente orribile, ma non è così: è una normale abitudine di superficiale sintesi che tutti gli esseri umani hanno.
- Qualcuno si limita a vedere gli altri a due dimensioni, come quadri, accontentandosi di conoscere la superficie, l’etichetta, catalogandoli in base al biglietto da visita.
- Qualcuno aggiunge timidamente una terza dimensione, e vede gli altri in bassorilievo, accettando, con un po’ di insofferenza e disinteresse, che l’altro abbia anche caratteristiche che non gli sono note.
- Qualcuno vede gli altri come statue, riconoscendone l’intera superficie tridimensionale … e dimenticandone allegramente l’anima.
- Qualcuno, infine, instaura un contatto, e vede l’altro come essere umano.
Fatta questa debita, e grossolana, premessa, provo a riassumere motivi e conseguenze di questo comportamento.
I motivi
Chi ha una visione limitata degli altri, non lo fa per cattiveria o superficialità, tant’è vero che (nella mia esperienza) talvolta applica e se stesso le stesse regole.
Usando, volutamente, la terminologia della PNL dei meccanismi di elaborazione, alcuni generalizzano, si semplificano la vita mettendo le persone in categorie definite, schematiche e precostituite, altri cancellano, rimuovendo le informazioni che li obbligherebbero a “perdere tempo” per andare in profondità, e altri, infine, distorcono abbinando vaghe qualità (positive o negative) alle informazioni accertate.
Le motivazioni sono spesso legate alla paura: di mettersi in gioco, di perdere tempo o energie, insicurezza, … o banale superficialità.
Cercare nell’altro l’essere umano richiede empatia, ascolto, rispetto, volontà, curiosità.
Chi, nella vita, cerca l’essere umano trova amici, e qualche nemico. Chi si accontenta dei quadri, della statue, dei bassorilievi trova, al massimo, conoscenti.
E sul lavoro?
Professionalmente parlando partiamo dal presupposto che tutti siamo clienti e tutti siamo fornitori, cioè abbiamo clienti, indipendentemente dalla professione. (questa è una delle più solide teorie di gestione degli ultimi 20 anni: prendetela per accertata).
- Chi vede il quadro
crea con i suoi clienti un rapporto do ut des, occasionale
- Chi vede il bassorilievo
sa rispondere alle necessità del cliente aggiustando il tiro, ma nulla di più
- Chi vede la statua
sa identificare progetti o risposte personalizzate, mirate alle necessità del cliente
Ma solo chi riesce a vedere l’essere umano può creare quella relazione di fidelizzazione del cliente efficace per superare indenne le crisi, auto motivarsi, divertirsi sul lavoro, vagheggiata da tanti testi di management, destinata a svilupparsi in una sinergia vincente.