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Perché NON parlare di vacanze ad un insegnante

Le scuole sono finite, e mi verrebbe spontaneo augurare Buone vacanze!

Ma non si può! Non si può augurare buone vacanze ad un insegnante per tanti motivi, ed è di questo che voglio parlarti, aggiungendo un pizzico di suggerimenti.
Tanto per cominciare è difficile parlare di vacanze, ora, ad un insegnante perché ci sono gli esami, e questi comportano ancora lavoro.

Poi è difficile perché la polemica che infuria, da sempre, e sempre in maniera sterile, su quante vacanze fanno gli insegnanti rende l’argomento a dir poco infuocato. Quindi mi astengo!

Poi c’è il terzo motivo, quello su cui, come figlia – sorella – amica di insegnanti, mi sento in diritto di dire qualcosa e offrire qualche suggerimento.
Non importa se un insegnante è in ferie, in viaggio, al mare con la famiglia o si sta arrampicando sull’Everest, gli insegnanti parlano di scuola, sempre, comunque e dovunque.
Un insegnante si riconosce quasi sempre dal tono di voce … e dagli argomenti di conversazione.
Non sono monotoni o noiosi: la scuola è un mondo, l’insegnamento e l’educazione dei giovani riguarda tutti, ma …

Qualunque lavoro, per appassionante che sia, comporta il rischio di burn out, soprattutto di questi tempi in cui qualunque lavoro (salvo casi eccezionali) significa tanta fatica, estrema incertezza, pochi soldi e parecchio stress. Tanto per fare un esempio, concreto, recentemente è apparso su un social dedicato al lavoro la ricerca di un ingegnere con laurea e master (in pratica 5 anni di università), ottima conoscenza del tedesco e buona conoscenza dell’inglese. Si offriva un contratto, ma non a tempo indeterminato, e uno stipendio di 600€ netti al mese. (seicento: non mi sono dimenticata uno zero!).
Per quanto uno ami il suo lavoro, lo stress e le difficoltà sono garantiti! Per evitare il burn out, cioè quella sindrome che, in termini banali, porta ad essere fuori di testa, c’è una sola soluzione: staccarsi, ogni tanto. Gli psicologi possono raccontarvi con precisione quanti giorni di distacco ci vogliono per scaricare uno specifico tempo di lavoro: io non lo ricordo più.
Però so che staccarsi dal lavoro significa pensare e parlare di qualcosa di diverso. 
Di solito quando auguro buone vacanze consiglio alcuni testi e alcuni esercizi che siano in qualche modo correlati al tema della comunicazione. Lo farò anche quest’anno, quando andrò in ferie.

Ma ora vorrei suggerire a tutti gli insegnanti un processo di disintossicazione dalla scuola. Per carità, fatelo a piccole dosi! Però ponetevi l’obiettivo di arrivare ad un bel giorno, assolutamente prima che inizi il prossimo anno scolastico, in cui non avete mai parlato o pensato alla scuola, per 24 ore intere! 
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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