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Indurre il cambiamento

Il cambiamento di abitudini o stili di vita non può essere prescritto, ma deve essere indotto

Cambiare stile di vita, alimentazione, smettere di fumare, perdere peso, fare attività fisica, … non sono prescrizioni che si possano semplicemente scrivere su un foglio, e nemmeno semplici suggerimenti amichevoli.

Se l’aderenza alla terapia farmacologica richiede la partecipazione attiva del paziente, il cambiamento di una qualsivoglia abitudine necessita della sua totale volontà, ed ottenerla è tutt’altro che semplice.

Certo, ci sono cambiamenti quasi fisiologici, anche nei comportamenti, ma ogni cambiamento è prima di tutto interiore.

Il cambiamento di abitudini o stili di vita è un processo, non una decisione!

In pratica, anche se potrebbe sembrarvi assurdo, chi smette di fumare diventa un non-fumatore dentro di sé ben prima di spegnere l’ultima sigaretta della sua vita. Il medico può quindi essere colui che innesca il processo o colui che lo catalizza o ancora colui che lo sostiene, ma non potrà mai essere colui che lo ordina.

C’è differenza tra quello che abbiamo definito partecipazione attiva del paziente alla terapia farmacologica e totale volontà di perseguire il cambiamento richiesto? Ovviamente sì e, altrettanto ovviamente, se otteniamo la totale volontà di adesione del paziente anche alla terapia farmacologica ne siamo più che felici.


Potrei dire che da secoli l’essere umano tenta di motivare e spiegare cosa si intende per quello che ho definito, forse impropriamente, totale volontà. Abbiamo sperimentato tutti situazioni in cui sappiamo che …, vogliamo che …, ci sembra giusto fare, andare, realizzare, ma un fantomatico qualcosa ci boicotta. Alcuni trovano facile dare colpe agli altri, per qualunque motivo o situazione, altri si arrabattano, intestardiscono, deprimono.

  • Una spiegazione di queste situazioni era stata identificata nei contrasti tra conscio e inconscio: io desidero qualcosa, e il mio inconscio non è d’accordo. Un’altra possibile motivazione, abbastanza simile, era nella discordia tra i due emisferi cerebrali.
  • La programmazione neurolinguistica (PNL) ha trovato spiegazioni nell’esistenza di convinzioni limitanti e nella scala dei valori.

Nessuna di queste spiegazioni è di per sé giusta o sbagliata: ciascuna può essere utile se permette all’individuo di comprendere e agire per superare i propri blocchi. Da alcuni anni la neurofisiologia sta lavorando anche su questo e ha trovato una spiegazione utile, convincente, pratica e scientificamente dimostrata in quelli che vengono definiti i tre cervelli dell’individuo. La definizione di tre cervelli può creare qualche confusione in quanto viene applicata in due diversi ambiti, ed è corretta in entrambe i casi.

Abbiamo infatti “tre distinti cervelli” nella testa: corteccia, cervello limbico e cervello rettiliano.

Più recentemente vengono ugualmente definiti “tre cervelli” le tre reti neurali complesse del nostro organismo: una è nella testa, una nel cuore e una nella pancia. Negli ultimi anni queste tre reti neurali sono state esplorate, sono state oggetto di numerosi studi rigorosamente scientifici ed è stata sviluppata una tecnica che ne consente l’armonizzazione.

La definizione di avere una totale volontà di perseguire un cambiamento, ad esempio nello stile di vita, ben si accorda con l’avere ottenuto armonia e concordanza tra testa, cuore e pancia. E, in seguito, vedremo tutto ciò più in dettaglio e capiremo anche come il medico può capire quale delle tre reti neurali è eventualmente in disaccordo, boicottando l’intero processo, e come può aiutare il paziente.

Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
Autore: Carla Fiorentini 13 gennaio 2025
A quasi tutti è capitato di dirlo o di sentirselo dire: facciamo qualche riflessione in merito.
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