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Il farmacista e l’imprenditorialità

Sempre più spesso, e da più parti, si richiede al farmacista di potenziare le sue capacità imprenditoriali. Lo penso anch’io, e vi racconto perché.

Ci sono stati lunghi anni d’oro: avere una farmacia equivaleva ad essere ricchi, o a diventarlo in breve tempo. Già da anni, però, ci si è resi conto che il binomio non è più né così stretto né così certo.

Ora siamo abbastanza vicini agli anni di piombo.

Non me ne vogliano i colleghi (visto che anch’io sono iscritta all’albo da molti anni) se una spassionata analisi in chiave strategica tocca qualche nervo scoperto.

Gli elementi in gioco sono diversi, e alcuni sono davvero scomodi per i proprietari di farmacia.

Comincio da qui: un tempo il proprietario diventava ricco, ma anche il farmacista collaboratore aveva uno stipendio più che dignitoso. Oggi, salvo situazioni e accordi specifici, il farmacista collaboratore fa un lavoro difficile e di responsabilità, turni spesso faticosi, complicati e talvolta rischiosi per uno stipendio appena accettabile. Un’azienda sana, ben gestita da un bravo imprenditore fa sì che il successo aziendale porti benefici economici ai dipendenti. 

Ma non è solo questo che fa dire che il farmacista deve potenziare la sua imprenditorialità.

In un tempo, non lontanissimo, era il farmacista a gestire una lunga serie di settori che oggi appartengono ad altre tipologie di aziende, prima tra tutto l’erboristeria.

Per lunghi anni, troppi anni, il farmacista ha, volutamente o inconsciamente (e incoscientemente) selezionato i settori da gestire scegliendo rigorosamente i più redditizi, i più facili e quelli che non lo obbligavano “a studiare”. Ha dedicato tempo ed energie (poche) alle scatolette su prescrizione medica, possibilmente rimborsate dallo Stato.

Se a questo aggiungiamo una posizione eccessivamente corporativa degli Ordini professionali, ci rendiamo conto che per molto tempo essere proprietari di una farmacia sembrava l’attuale pubblicità del gratta-e-vinci, quella che recita “ti piace vincere facile!”

Su alcuni aspetti il farmacista è stato innovatore e lungimirante: le cooperative. Ma avendo la possibilità di essere un antesignano delle reti di impresa ha invece spesso scelto di rendere la cooperativa solo una riduzione dei rischi e dei costi, rendendola un gruppo di acquisto e un magazzino scorte di rapido accesso. Comportamento più idoneo ad un negoziante che ad un imprenditore.

La mia non è una condanna, e in un certo senso neanche una critica: quando il business è “facile” ed economicamente solido ci vuole coraggio e fantasia per essere imprenditori innovativi. E poi conosco un discreto numero di farmacisti che sono veri imprenditori, che hanno saputo rendere la loro farmacia qualcosa di speciale.

Già, perché dopo tutte queste sgradevoli considerazioni rimane la domanda: cosa differenzia il farmacista imprenditore? Ne parleremo nelle prossime puntate
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Ero in farmacia, in attesa. Un’attesa piuttosto lunga visto che si trattava di una farmacia che fa il servizio di prenotazione degli esami e delle visite. Mi annoiavo ed ho cominciato a guardarmi attorno e, confesso, ad ascoltare le chiacchiere degli altri utenti in attesa. Mi ha fatto piacere incontrarti, ma perché vieni in questa farmacia? Non c’è la farmacia XXX più vicino a casa tua ? Sì, la farmacia XXX è decisamente più vicina, ma qui sorridono. Lì sono sempre scorbutici e a volte rispondono anche scocciati se chiedi informazioni. Forse è perché … Ecco. Smetto di ascoltare, e non saprò mai il presunto motivo per cui, nell’altra farmacia, sono scorbutici. Il dialogo è stato illuminante soprattutto per chi, come me, si occupa di comunicazione e management. Mi occupo, e preoccupo, di insegnare tecniche, di cercare le parole giuste, di spiegare modalità di comunicazione, di identificare esempi e suggerimenti, di incrementare hard skills e soft skills, ma ci si dimentica dell’essenziale: il sorriso . Entrare in farmacia, per qualunque motivo, e trovare il farmacista che sorride è un validissimo motivo per scegliere una farmacia invece di un’altra, magari più comoda. Però, attenzione, deve trattarsi di un sorriso vero. Esiste una netta differenza tra un vero sorriso e uno falso, voluto, determinato da movimenti volontari dei muscoli facciali. La differenza è dimostrabile tecnicamente, e per moltissime persone è percepibile a livello inconscio. Il farmacista che sorride non fa una smorfia movimentando le labbra all’insù: sorride veramente. Eppure anche il farmacista può avere problemi personali, attraversare un periodo nero, essere triste o preoccupato. Ciò che spesso dimentichiamo è che siamo noi ad avere uno specifico stato d’animo, e invece spesso ci comportiamo come se fosse lo stato d’animo, soprattutto se negativo, ad avere il pieno possesso di noi. È assolutamente possibile accantonare uno stato di infelicità per un certo periodo, dando spazio a veri sorrisi. Come? Qui le tecniche, gli esercizi e le riflessioni contenuti anche in questo sito, possono essere di aiuto: pensieri felici, meditazione, comunicazione, possono fare la differenza, quando è necessario. Ma il primo passo è personale: bisogna volerlo. Per quanto storte vadano le cose, ogni tanto si può dare una vacanza al dolore, dedicarsi agli altri, anche fornendo sorridendo la medicina prescritta o il consiglio richiesto.
Autore: Carla Fiorentini 15 settembre 2024
Da molti anni il mondo delle aziende utilizza quello che viene definito management by objective : gestione per obiettivi . Si tratta di definire uno o più obiettivi e perseguirli per un certo periodo di tempo. La scuola si è poi adeguata, anche se non sempre parla di obiettivi o di piani strategici, ma si affida ad una serie di sigle e burocrazie che, più o meno, hanno la stessa funzione. Parlare quindi di obiettivi per il nuovo anno scolastico è del tutto legittimo. Eppure … La gestione per obiettivi ha, da tempo, evidenziato una serie di limiti e problemi nel mondo aziendale , ed è triste vedere la scuola che, in ritardo, si adegua ad imitare anche gli errori dell’industria. Attenzione, però, non prendere questo come una scusa per non pianificare il nuovo anno alle porte, anzi. Si tratta di aggiungere, non di togliere. Se mi seguite sapete bene che io mi fisso una serie di obiettivi, in diverse occasioni, dunque apparentemente faccio qualcosa che ho appena dichiarato inutile. Dov’è il trucco? Gli obiettivi servono, funzionano, hanno un senso solo se inseriti in un contesto di Vision, cioè di aspirazione e desiderio globale di realizzazione di qualcosa di importante. La Vision offre il contesto da realizzare, gli obiettivi discendono da questo e permettono, a loro volta, di tradurre in azioni pratiche e giungere alla realizzazione concreta. Il consiglio è quindi di utilizzare queste ultime settimane prima dell’inizio delle lezioni per identificare la vostra Vision, in vostro sogno per il nuovo anno. Ti chiedi quali sono le differenze sostanziali tra obiettivi e vision? La risposta, per quanto limitata all'essenziale, è nella vignetta qui sotto. Gli obiettivi sono, sostanzialmente, contenuti anche nei programmi ministeriali. Personalmente suggerisco di dedicare un po' di tempo a ragionarci su, declinarli, scriverli con un linguaggio che risuoni. Tuttavia gli obiettivi sono fortemente razionali: cosa insegnare, come, in quali tempi, quali livelli di conoscenza far sviluppare negli studenti... In pratica, gli obiettivi servono per riempire il secchio delle competenze. La vision è il sogno da condividere e realizzare insieme alla classe, e ad ogni singolo studente. In pratica, quale fuoco accendere. Nella vision possiamo stabilire che tipo di atmosfera vogliamo creare, quali valori desideriamo trasmettere, che insegnante desideriamo essere, quale impronta lasciare per il futuro della classe e di ogni singolo studente, e molto altro.
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