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Il caregiver e la relazione con il personale sanitario

Preparandomi al Caregiver day.

Il Caregiver day è una serie di eventi organizzati da Curopoli, un ente del terzo settore, nel mese di maggio, e sono tutti eventi dedicati ai caregiver.


Ho accolto con gioia l’invito (ad essere incera, l’ho sollecitato) per tenere un evento on line tra quelli organizzati da Curopoli.

Da caregiver a caregiver: come dialogare con il personale sanitario

Non è un argomento semplice, ma me lo sono andato a cercare io!

E adesso, in fase di preparazione, sono immersa e sommersa da appunti, immagini, pensieri in libertà, e anche dubbi ed elucubrazioni.


Sono molti anni che mi occupo di comunicazione in ambito salute, e continua ad essere un tema che mi affascina, su cui mi aggiorno, ma questo non lo rende più semplice.

L’esperienza come formatrice e come coach si somma all’esperienza fatta come paziente e come caregiver: sono davvero dentro la questione.

Questo rende solo parzialmente più semplice ciò che voglio raccontare.


Desidero, certo, dare consigli e suggerimenti, ma non voglio trasformare alcunché in regole, quanto far comprendere come il sistema personale sanitario-paziente e caregiver sia influenzato da molti fattori e vada dunque vissuto e gestito con cautela e buon senso.


Come ho detto è un sistema, complesso, in cui ciascuno ha un ruolo e dove a visione di insieme deve essere abbinata all’esame del dettaglio, della speciale situazione. E le situazioni sono infinite, tutte speciali.

Posso dire che mi sono presa una bella impresa da affrontare.

Però, per quanto possa essere complicato, il fascino dell’argomento, almeno per me, sta nel fatto che anche piccoli miglioramenti nel dialogo con il personale sanitario possono portare enormi benefici sia per il caregiver che per il paziente.

E poi bisogna ricordare la realtà odierna, caratterizzata da un incremento di burnout tra i medici e il personale sanitario. Il dialogo era già complesso prima, oggi spesso è impossibile ed è necessario, per il caregiver, inventarsi soluzioni.

E adesso continuo a lavorare sulla mia presentazione!



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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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