Fare il farmacista è una vocazione?

Il farmacista e l’Ikigai

Da qualche tempo si parla molto di Ikigai, un termine giapponese che significa la "propria ragione d'essere e di esistere".


La promessa sottostante alla ricerca del proprio ikigai è quella di trovare ciò che viene definito il proprio compito nella vita, ma anche la professione ideale. Infatti, tra le indicazioni che vengono fornite per la ricerca si dice che l’Ikigai è il punto in comune tra ciò che ami, ciò che sai fare bene, ciò che serve al mondo e ciò per cui potresti farti pagare, detto in termini pratici e funzionali un lavoro da amare.


In realtà mi sembra che l’Ikigai sia molto più di questo, e che non sia necessariamente uno e uno solo per tutta la vita, ma si aprirebbe un discorso molto ampio.

Accontentiamoci, quindi, e ragioniamo: fare il farmacista può essere, almeno in parte, una componente dell’Ikigai?

Considerando la fuga dei farmacisti dalla professione sembrerebbe proprio di no, ma se ampliamo l’orizzonte possiamo avere qualche sorpresa.

La professione di farmacista è una diretta estensione dello speziale medievale, con una fortissima componente di cura, ma anche di miglioramento della qualità di vita.

In termini di vocazione possiamo abbinare il farmacista all’erborista, al nutrizionista, a tutta una serie di professioni correlate a cura e qualità di vita.

Ciò che induce alla fuga dal ruolo di farmacista sembra essere molto più connesso alle condizioni pratiche della professione che non ad una impossibilità di realizzazione personale attraverso la professione.

A mio avviso si tratta quindi di un problema manageriale, non di un deficit di vocazione.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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