L’aderenza al piano terapeutico, o compliance, comprende spesso sia trattamenti farmacologici sia variazioni dello stile di vita.
Fino ad oggi tutte le analisi, le indagini, le valutazioni, sono state relative soprattutto al rispetto dell’assunzione dei farmaci: posologia, durata del trattamento, orari di assunzione. È logico: si tratta dei parametri più misurabili e della componente di maggior costo per il sistema sanitario. Ora cominciano ad apparire progetti e relative valutazioni di compliance in merito alle variazioni dello stile di vita ed è presumibile che il futuro sia sempre più rivolto in questa direzione.
Di conseguenza, dovrebbe essere diversa la modalità con cui si effettua la prescrizione e gli elementi su cui è possibile far leva.
Per ottenere la compliance sul trattamento farmacologico è ovviamente importante la scelta del farmaco, a cui fa seguito la modalità con cui vengono spiegati gli elementi tecnici (posologia, orario di somministrazione, durata della terapia).
Il terzo elemento è convincere dell’importanza di seguire la terapia, soprattutto sciogliendo eventuali dubbi.
Per ottenere la compliance verso un cambiamento di abitudini o di stile di vita bisogna indurre il paziente a desiderare il cambiamento e poi ad apportarlo e perseguirlo nel tempo.
Processi diversi, tecniche solo in parte simili.
Non stupitevi della domanda: da anni le aziende farmaceutiche promuovono farmaci che “ottimizzano la compliance”! La risposta è no.
Si ritiene che i farmaci che offrono maggiori garanzie di compliance abbiano alcune caratteristiche:
A questo vanno aggiunti l’assenza di effetti indesiderati e la rapidità d’azione, soprattutto nella scomparsa dei sintomi.
Certo, posologia, modalità di somministrazione e forma farmaceutica influiscono sul “gradimento” del paziente, ma non sempre in maniera assoluta sulla compliance.
Prendiamo in esame l’elemento che sembrerebbe incoraggiare maggiormente la compliance del paziente: la rapidità d’azione, soprattutto nella scomparsa dei sintomi.
L’efficacia è una bella cosa, e la scomparsa della sintomatologia è anche meglio, ma la maggior parte delle terapie di cui il paziente non ha totalmente compreso le istruzioni vengono interrotte appena scompaiono i sintomi.
Nessuna soluzione può realmente garantire l’adeguamento del paziente alla terapia senza il costante contributo di una corretta comunicazione medico-paziente, che può essere supportata (e potenziata) dall’attenzione del farmacista. Basti pensare a quante volte è proprio al farmacista che il paziente chiede chiarimenti su prescrizioni farmacologiche che non gli sono totalmente chiare!
La terapia farmacologica è sempre più orientata verso la standardizzazione, pullulano le linee guida o gli schemi terapeutici consentiti o obbligati da assicurazioni o sistemi sanitari. Tutto questo ha indubbiamente un valore, e molti motivi di esistere, ma rende sempre più indispensabile l’attenzione nel modulare e personalizzare la terapia per ottenere la compliance, attraverso la comunicazione e con piccoli accorgimenti, trovando le modalità ottimali per curare non solo quella precisa malattia, ma anche quello specifico paziente.
E, invece, indurre un cambiamento nello stile di vita? È tutta un’altra storia!