Lo dicono i luoghi comuni: il buon giorno si vede dal mattino, ed è una realtà con cui tutti dobbiamo fare i conti. Il primo impatto è importante e spesso è proprio l’inizio della visita quello che poi darà l’impronta a tutto, persino alla compliance del paziente.
Se il paziente si sente accolto, se il messaggio che si trasmette, e che ovviamente viene recepito, è “mi prendo cura di te”, sarà decisamente più aperto e disponibile.
Ma come, in pratica, gestire una buona accoglienza?
Prima di tutto l’intenzione.
- Ci sono ricerche che dimostrano come si percepisca persino durante una conversazione telefonica se uno dei due sorride o se avrebbe voglia di essere da tutt’altra parte, figuratevi se il paziente, per quanto parzialmente ovattato dall’ansia per la sua salute, non riesce a percepire che il medico è svogliato, distratto, arrabbiato …
Ovviamente ci sono giornate pesanti e pazienti … insopportabili, situazioni stressanti, motivi di arrabbiatura: come si risolve il problema?
Le “cure” sono tre, di cui due sono terapie a lungo termine e la terza può essere usata in situazioni di emergenza.
- La prima terapia risolutiva è l’ironia. Ogni evento stressante può essere vissuto con ironia, ogni paziente sgradevole può diventare motivo per un sorriso (ovviamente, dopo) e l’autoironia è un fantastico antidepressivo. Attenzione, però, l’ironia non è mai cattiveria o giudizio negativo sull’altro, ma è quella sana voglia di sorridere alla vita e della vita. Coltivatela!
- La seconda cura è, apparentemente, un po’ più complessa, ma estremamente efficace. Si tratta di far ricorso a quelle tecniche di meditazione, mindfulness, respirazione, stato alfa, che permettono di affrontare quasi qualsiasi evento stressante con serenità.
- Personalmente uso molto lo stato alfa, probabilmente perché è la prima tecnica che ho appreso. Le basi scientifiche della sua efficacia sono molto solide. Il nostro cervello lavora anche mediante onde elettriche cerebrali, ciascuna ha un ruolo e una funzione, distinte tra loro in base alla frequenza. Per spiegare lo stato alfa ci limitiamo a parlare di due tipi di onde: le Onde beta, caratterizzate da frequenza da 14 a 30 Hz, associate alle normali attività di veglia, quando siamo concentrati sugli stimoli esterni.
- Le onde beta sono alla base delle nostre fondamentali attività di sopravvivenza, di ordinamento, di selezione e valutazione degli stimoli che provengono dal mondo che ci circonda, e sono quelle che ci permettono la reazione più veloce e l'esecuzione rapida di azioni. Nei momenti di stress o di ansia le beta ci danno la possibilità di tenere sotto controllo la situazione e dare veloce soluzione ai problemi.
- Poi ci sono le Onde alfa, con frequenza che varia da 8 a 14 Hz. Sono associate a uno stato di coscienza vigile, ma rilassata. La mente, calma e ricettiva, è concentrata sulla soluzione di problemi esterni, o sul raggiungimento di uno stato meditativo leggero. Le onde alfa dominano nei momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un obiettivo preciso. Sono tipiche, per esempio, dell'attività cerebrale di chi è impegnato in una seduta di meditazione o di yoga.
- Il nostro stile di vita ci porta ad usare prevalentemente le onde beta, mentre le onde alfa emergono spontaneamente in alcune situazioni come, ad esempio, nella fase di pre-addormentamento (se ci si addormenta senza aiuti chimici) o quando compiamo azioni ripetitive, come guidare su una strada senza traffico, o durante una lunga passeggiata. Anche se non si riconosce lo stato, tutti siamo costellati da ricordi di chiarezza o comprensione improvvisa di una soluzione o di qualcosa che, fino ad un istante prima, ci era sfuggito, o di aver parlato per ore senza sentire la minima stanchezza. Bene, è tutto “merito” dello stato alfa. Tecniche di visualizzazione o di ancoraggio permettono di raggiungere lo stato alfa in pochi secondi, volontariamente. Il bello è che possiamo svolgere tutte le nostre attività, ma siamo più rilassati e creativi.
- Un tecnica affine è quella di mBraining, che permette di mettere in fase i nostri tre cervelli, ma non è mia intenzione farvi un corso sulle tecniche di rilassamento o di gestione di sé stessi: vi basti sapere che queste tecniche esistono ed è possibile apprenderle in tempi molto brevi.
E poi c’è sempre la terapia di emergenza, utilizzabile senza dover imparare nessuna tecnica, particolarmente utile quando, ad esempio, il paziente è stato costretto ad attese non previste. Il sistema funziona: è una delle prime cose che si imparano nel coaching. Si tratta di approcciare il paziente che, ad esempio, entra in studio con un sorriso dichiarando: “Mi spiace che abbia dovuto attendere, capisco che non sia stato piacevole. Anch’io ho avuto diverse situazioni pesanti, oggi. Ora chiudiamo fuori tutto il mondo, tutti i problemi, e mi dedico totalmente a lei.”
Pensate di poterlo fare anche se, proprio quel giorno, proprio in quel momento, vi sentite tutto il mondo sulle spalle? Io credo di sì, e vi assicuro che funziona.
Infine, anche se non è l’argomento di questo documento, una buona accoglienza del paziente è uno strumento indispensabile alla sua fidelizzazione.