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Una crisi da gestire

Ricalco e guida

Storia
Prof, venga subito. Angela si è fatta male!
Non era un buon inizio di giornata, e cominciai a pensare che avrei fatto fatica ad arrivare a sera. Mai pensiero fu più profetico! Angela era decisamente la più carina tra le ragazze della classe, ma era anche psicologicamente molto fragile. Arrivai e trovai Angela sdraiata per terra, in posizione fetale, che singhiozzava. 
Ancora sulla porta provai a chiedere ai ragazzi che mi circondavano cosa era successo e se Angela si era fatta male davvero, ma non riuscii a trarne risposte coerenti. Così mi sedetti sul pavimento vicino ad Angela, le appoggiai una mano sulla spalla. Non smise di singhiozzare e non si mosse. Allora le feci una carezza, scostando i capelli dal viso, e mi sdraiai sul pavimento accanto a lei.
Passarono alcuni secondi, che mi sembrarono ore, e finalmente mi guardò. Ancora sdraiata vicino a lei, le chiesi se poteva spiegarmi cosa era successo. 
Attraverso i singhiozzi, capii che si era fatta male al ginocchio. Mi misi seduta, e chiesi ai ragazzi di procurarmi il ghiaccio, e di avvertire la presidenza, continuando a tenere Angela per mano. 
Poco a poco i singhiozzi si calmarono. Ci volle del tempo, ma finalmente la situazione sembrava tornata alla normalità: Angela era andata al pronto soccorso, i genitori avvertiti, la classe più silenziosa del solito. Dal racconto dei ragazzi capii che Angela era inciampata durante l’intervallo, correndo insieme agli altri. 
Quel giorno avevo due ore in quella classe, e ne approfittai per fare un ripasso, ben sapendo che nonostante il silenzio erano tutti distratti e preoccupati dall’incidente della loro compagna. Verso la fine della seconda ora la porta si spalancò, e il padre di Angela entrò seguito da un bidello attonito che cercava di dirmi che non era riuscito a fermarlo. 
Mi trovai davanti ad una furia. “La scuola ne risponderà e lei anche” – gridò.
E intendo denunciare tutta la classe per bullismo. Questa volta non la passerete liscia” Quando vidi che il padre di Angela era lanciato decisi di intervenire.
Mi piazzai di fronte a lui, ad una distanza decisamente inferiore di quella che avrei voluto, e gridai forte “se abbiamo colpe ne risponderemo”, usando esattamente lo stesso tono aggressivo che aveva usato lui, così che la mia frase sembrò una minaccia.
Lo vidi irrigidirsi, e allontanarsi di qualche millimetro. Ne approfittati per cambiare tono e allontanarmi anch’io. 
Visto che è qui, dissi, suggerisco di chiamare la preside e interrogare insieme i ragazzi per sapere esattamente cosa è successo. Al momento dell’incidente io stavo salendo le scale e, visto che l’incidente è avvenuto in classe durante l’intervallo, non ho visto il momento preciso. Intanto che aspettiamo le preside, le dispiacerebbe dirci come sta Angela? Io e i suoi compagni siamo preoccupati.
Domande
  • Per affrontare le due situazioni problematiche, la professoressa ha usato due tecniche ben precisa. Quali? 
  • Come ha attuato queste tecniche?
Risposta
Per affrontare le due situazioni problematiche, la professoressa ha usato una tecnica ben precisa. Quale? 
In entrambe i casi la professoressa ha fatto ricorso alle tecniche di ricalco e guida.
Il ricalco è il momento in cui viene conquistata la fiducia del nostro interlocutore, quindi noi ricalchiamo alcune parti della sua comunicazione.
Nella guida induciamo il nostro interlocutore a ricalcare spontaneamente le nostre modalità di comunicazione.
Questo meccanismo è utile in situazioni di potenziale conflitto, oppure quando vogliamo o dobbiamo gestire uno stato negativo del nostro interlocutore (ansia, paura).
Spesso queste situazioni inducono il desiderio nella persona più calma di effettuare immediatamente la fase di guida: se l’altro parla in maniera velocissima noi ci esprimiamo con più calma e pacatezza possibile.
Non funziona!
La guida senza il ricalco, cioè la guida prima di essere entrati in rapport (fase di spiccata empatia che crea un clima di fiducia) aumenta la distanza e lo scollamento, impedendo così il dialogo e spesso facendo scattare meccanismi aggressivi.
In genere, salvo situazioni totalmente anomale, pochi minuti di ricalco sono più che sufficienti per poi procedere con la guida che segue, al contrario, esattamente le stesse modalità.
Come ha attuato queste tecniche?
I situazioni difficili, come quelle illustrate, l’elemento più importante è il ricalco.
  • Nel primo caso, con Angela che si è fatta male, è stato effettuato un ricalco di postura: la professoressa si è prima seduta e poi sdraiata sul pavimento vicino ad Angela, dimostrando che era perfettamente in grado di capirla, e quindi poteva poi guidarla.
  • Nel secondo caso, con il padre aggressivo e urlante, ha effettuato un ricalco non verbale mettendosi in posizione di sfida aggressiva, di fronte a lui, ad una distanza molto ravvicinata e un ricalco paraverbale rafforzativo, usando un tono di voce alto e aggressivo persino nel pronunciare una frase molto conciliante.

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Ero in farmacia, in attesa. Un’attesa piuttosto lunga visto che si trattava di una farmacia che fa il servizio di prenotazione degli esami e delle visite. Mi annoiavo ed ho cominciato a guardarmi attorno e, confesso, ad ascoltare le chiacchiere degli altri utenti in attesa. Mi ha fatto piacere incontrarti, ma perché vieni in questa farmacia? Non c’è la farmacia XXX più vicino a casa tua ? Sì, la farmacia XXX è decisamente più vicina, ma qui sorridono. Lì sono sempre scorbutici e a volte rispondono anche scocciati se chiedi informazioni. Forse è perché … Ecco. Smetto di ascoltare, e non saprò mai il presunto motivo per cui, nell’altra farmacia, sono scorbutici. Il dialogo è stato illuminante soprattutto per chi, come me, si occupa di comunicazione e management. Mi occupo, e preoccupo, di insegnare tecniche, di cercare le parole giuste, di spiegare modalità di comunicazione, di identificare esempi e suggerimenti, di incrementare hard skills e soft skills, ma ci si dimentica dell’essenziale: il sorriso . Entrare in farmacia, per qualunque motivo, e trovare il farmacista che sorride è un validissimo motivo per scegliere una farmacia invece di un’altra, magari più comoda. Però, attenzione, deve trattarsi di un sorriso vero. Esiste una netta differenza tra un vero sorriso e uno falso, voluto, determinato da movimenti volontari dei muscoli facciali. La differenza è dimostrabile tecnicamente, e per moltissime persone è percepibile a livello inconscio. Il farmacista che sorride non fa una smorfia movimentando le labbra all’insù: sorride veramente. Eppure anche il farmacista può avere problemi personali, attraversare un periodo nero, essere triste o preoccupato. Ciò che spesso dimentichiamo è che siamo noi ad avere uno specifico stato d’animo, e invece spesso ci comportiamo come se fosse lo stato d’animo, soprattutto se negativo, ad avere il pieno possesso di noi. È assolutamente possibile accantonare uno stato di infelicità per un certo periodo, dando spazio a veri sorrisi. Come? Qui le tecniche, gli esercizi e le riflessioni contenuti anche in questo sito, possono essere di aiuto: pensieri felici, meditazione, comunicazione, possono fare la differenza, quando è necessario. Ma il primo passo è personale: bisogna volerlo. Per quanto storte vadano le cose, ogni tanto si può dare una vacanza al dolore, dedicarsi agli altri, anche fornendo sorridendo la medicina prescritta o il consiglio richiesto.
Autore: Carla Fiorentini 15 settembre 2024
Da molti anni il mondo delle aziende utilizza quello che viene definito management by objective : gestione per obiettivi . Si tratta di definire uno o più obiettivi e perseguirli per un certo periodo di tempo. La scuola si è poi adeguata, anche se non sempre parla di obiettivi o di piani strategici, ma si affida ad una serie di sigle e burocrazie che, più o meno, hanno la stessa funzione. Parlare quindi di obiettivi per il nuovo anno scolastico è del tutto legittimo. Eppure … La gestione per obiettivi ha, da tempo, evidenziato una serie di limiti e problemi nel mondo aziendale , ed è triste vedere la scuola che, in ritardo, si adegua ad imitare anche gli errori dell’industria. Attenzione, però, non prendere questo come una scusa per non pianificare il nuovo anno alle porte, anzi. Si tratta di aggiungere, non di togliere. Se mi seguite sapete bene che io mi fisso una serie di obiettivi, in diverse occasioni, dunque apparentemente faccio qualcosa che ho appena dichiarato inutile. Dov’è il trucco? Gli obiettivi servono, funzionano, hanno un senso solo se inseriti in un contesto di Vision, cioè di aspirazione e desiderio globale di realizzazione di qualcosa di importante. La Vision offre il contesto da realizzare, gli obiettivi discendono da questo e permettono, a loro volta, di tradurre in azioni pratiche e giungere alla realizzazione concreta. Il consiglio è quindi di utilizzare queste ultime settimane prima dell’inizio delle lezioni per identificare la vostra Vision, in vostro sogno per il nuovo anno. Ti chiedi quali sono le differenze sostanziali tra obiettivi e vision? La risposta, per quanto limitata all'essenziale, è nella vignetta qui sotto. Gli obiettivi sono, sostanzialmente, contenuti anche nei programmi ministeriali. Personalmente suggerisco di dedicare un po' di tempo a ragionarci su, declinarli, scriverli con un linguaggio che risuoni. Tuttavia gli obiettivi sono fortemente razionali: cosa insegnare, come, in quali tempi, quali livelli di conoscenza far sviluppare negli studenti... In pratica, gli obiettivi servono per riempire il secchio delle competenze. La vision è il sogno da condividere e realizzare insieme alla classe, e ad ogni singolo studente. In pratica, quale fuoco accendere. Nella vision possiamo stabilire che tipo di atmosfera vogliamo creare, quali valori desideriamo trasmettere, che insegnante desideriamo essere, quale impronta lasciare per il futuro della classe e di ogni singolo studente, e molto altro.
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