Il mondo in cui viviamo ha un pessimo rapporto con la malattia (e peggio ancora con la morte, ma questa è un’altra storia).
Bisogna essere belli, giovani, sani e possibilmente ricchi. Per le donne la situazione peggiora: ancora oggi una donna viene giudicata prima di tutto per l’estetica.
Ci sono anche elementi positivi che, però, talvolta generano conseguenze negative. La dichiarazione dell’OMS sulla salute invita all’assenza di ogni malattia, e aggiunge il benessere psicologico. Poi c’è la prevenzione, e ci sono tante possibilità di cura.
Tutto questo è indubbiamente positivo, si può prevenire, si può curare, la vita media si è allungata.
Bello.
Bello se a tutto questo non si accompagnasse, nella visione collettiva, una non accettazione della malattia. Chi è malato diventa quasi colpevole. E della qualità di vita, pur in presenza di patologie, si parla ancora davvero troppo poco.
Ne deriva che, in presenza di una malattia da cui si può guarire, si comincia a scalpitare dalla fretta.
Ricordo, da bambina, i periodi di convalescenza. E, studiando l’I Ching, ho scoperto un esagramma che descrive proprio la convalescenza. Momenti quasi ovattati, di calma, con la malattia sparita, o sopita, e il regalo del tempo per dare al corpo e allo spirito lo spazio per guarire.
La convalescenza è una dimensione che quasi non esiste più.
È, invece, essenziale.
Ne parliamo, a lungo, nel percorso per il paziente Quattro passi in galleria, ne parliamo e la viviamo insieme, per guarire nell’anima..