Layout del blog

Quanto conta la postura a scuola?

Un tempo la postura a scuola era obbligata, decisa. Una drammatica imposizione?

Quando andavo alle scuole elementari, la posizione obbligatoria per ascoltare la maestra che leggeva, o spiegava, era quella “in seconda”: sedute, schiena dritta, testa alta e mani dietro la schiena.
Non era sempre facile: a volte si stava così per oltre un’ora. Si penava parecchio. 
Oggi le cose sono cambiate, c’è più libertà e maggior rispetto per la libertà di movimento dei bambini.
Eppure … 
Su molti aspetti della comunicazione è stata dimostrata una relazione molto stretta: le parole e le costruzioni delle frasi che usiamo manifestano il nostro modo di pensare, il respiro è strettamente unito allo stato d’animo, i nostri gesti e la nostra postura rilevano di noi più di quanto noi stessi vorremmo.
Ed è anche stato dimostrato che chi assume, durante l’ascolto, una posizione di chiusura (spalle curve in avanti, braccia conserte, e così via) recepisce fino al 60% in meno rispetto a chi, invece, ascolta assumendo una postura aperta. 
È davvero la posizione che influenza? Difficile a dirsi! 
  • Infatti la postura di chiusura viene, sicuramente, assunta per esprimere, più o meno consciamente, la volontà di non ascoltare, di non lasciarsi influenzare e di rifiutare tutto ciò che viene detto. 
Ma stante la stretta interazione tra postura e pensiero, se chi non vuole ascoltare è “costretto” ad assumere una posizione aperta, anche la sua intenzione di non sentire viene in buona parte annullata. 
Quindi, pur con tutto il rispetto per la mobilità e la libertà degli studenti, pur eliminando drasticamente quelle sgridate (e qualche scappellotto) che hanno subito quelli della mia generazione, potrebbe essere utile e saggio abituare gli studenti, quanto più possibile, ad assumere una postura corretta quando ascoltano le lezioni, con i dovuti modi, e magari offrendo loro le motivazioni della richiesta.
D’altra parte, in genere, i più restii a stare seduti in posizione corretta sono i cinestesici, generalmente più irrequieti, ma sono anche coloro che in linea di massima accettano volentieri di fare o imparare qualcosa che abbia una buona ragione pratica per essere fatta o appresa.

Autore: Carla Fiorentini 23 giu, 2024
Per far fruttare le vacanze
Autore: Carla Fiorentini 23 giu, 2024
Differenza tra attesa e tempo sospeso.
Autore: Carla Fiorentini 23 giu, 2024
Qualcuno preferisce la teoria, qualcuno vuole solo la pratica…
Autore: Carla Fiorentini 09 giu, 2024
Tutti abbiamo, talvolta, bisogno di aiuto
Autore: Carla Fiorentini 09 giu, 2024
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma Lavoisier
Autore: Carla Fiorentini 09 giu, 2024
La preoccupazione per la fuga dei farmacisti è legittima, ma le considerazioni da fare sono molte.
Autore: Carla Fiorentini 26 mag, 2024
Strane sensazioni, quasi confusione, nella vita del paziente, del caregiver
Autore: Carla Fiorentini 26 mag, 2024
Si definisce medicina difensiva la scelta del medico di prescrivere esami e accertamenti eccessivi e talvolta inappropriati in relazione alla sintomatologia del paziente al solo scopo di mettersi al riparo da eventuali cause per sospetta negligenza. La prescrizione di esami e accertamenti eccessivi o inappropriati è quindi indubbiamente il sintomo principale che ci si è avviati alla medicina difensiva. Però se si è arrivati a questo punto, il sintomo è molto evidente e la malattia comportamentale è conclamata. Esistono dei sintomi precoci? C’è modo di capire preventivamente se la paura sta dominando l’attività professionale più delle competenze? Io credo di sì. Intanto bisogna riconoscere la paura fin dal suo iniziale apparire. Se quando fate una scelta diagnostica o terapeutica compare, o anche solo si affaccia velatamente nel vostro pensiero, il timore che il paziente possa denunciarvi, siete sulla buona strada per praticare medicina difensiva. Se non sapete fare una graduatoria di quali tra i vostri pazienti potrebbero essere insoddisfatti delle vostre prestazioni professionali, ma li ritenete tutti ugualmente minacciosi, siete sulla buona strada per praticare medicina difensiva. Ma esiste un altro sintomo, più subdolo. Se avete preso l’abitudine di spaventare i vostri pazienti, vi state incamminando sulla strada della medicina difensiva. Questo è un sintomo subdolo, perché il medico si sente “forte e sicuro”, quindi non sospetta di attraversare una fase di paura. Attenzione : non parlo di quei (rarissimi) casi in cui il medico, forzando se stesso, decide di spaventare il paziente! Nel coaching ad esempio la scelta di generare un momento difficile per poi ottenere risultati è una tecnica ben precisa, che dovrebbe essere usata come ultima spiaggia, ma che talvolta è necessaria per dare una svolta a situazioni che sembrano essere immutabili. Ma sempre più spesso mi vengono raccontati aneddoti su modalità di comunicazione che generano terrore nel paziente. Medici che, ancor prima di ultimare la visita, dichiarano gravi rischi per la sopravvivenza, frasi come “ lo sa che può morire?” o “è cosciente che forse ha un tumore? ” … All’inizio pensavo potesse essere banale maleducazione: i medici non ne sono immuni. Poi un amico medico, che sta attraversando un momento difficile, mi ha fornito una diversa chiave di lettura. “ quando ho davanti un paziente che rompe, o ascolta poco, gli lancio un messaggio che spaventa. Da quel momento in poi, diventa un agnellino, e mi ubbidisce senza fiatare! Questa è medicina difensiva! E spesso è il primo sintomo. Il medico, spesso per problemi che sovrastano o esulano dalla professione, perde l’attenzione al singolo paziente, ma desidera solo essere “ubbidito”. Ordinare anziché convincere porta, inevitabilmente, a scelte da medicina difensiva. Attenzione!
Autore: Carla Fiorentini 12 mag, 2024
L’ultimo articolo dedicato ai comportamenti per ascoltare
apprendimento: dalla incapacità alla capacità
Autore: Carla Fiorentini 12 mag, 2024
Si studiano le tecniche di comunicazione, ma poi bisogna passare dalla teoria alla pratica: alcune considerazioni sul processo.
Show More
Share by: