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Partecipare

Giovedì 14 novembre si è tenuta a Lugano la serata del ciclo Gestire le esperienze difficili. Abbiamo parlato di partecipazione, alla terapia e alla propria vita.

Per me che raccontavo è stata una serata grandiosa, e complessa. In un ciclo dedicato alla gestione delle esperienze difficili, con particolare attenzione alla malattia, non poteva certo mancare il tema della partecipazione alla terapia, intesa come aderenza alle prescrizioni, compliance ed empowerment. Aggiungo che durante il mio percorso da paziente mi sono accorta di quanto, sia per me che per altri, le modalità di affrontare la terapia avessero analogie e attinenze con il modo con cui affrontiamo la vita.
Trasmettere tutto ciò mi ha sollevato non pochi dubbi, primo tra tutti il famoso: Sarò in grado di farlo?

Aggiungo una partecipazione più numerosa ed eterogenea del solito. Di alcuni, incontrati man mano nelle varie serate, conoscevo interessi e obiettivi, di molti altri, visti per la prima volta, sapevo poco o nulla. Ed ecco il secondo dubbio: mi dedico al conoscere le persone, saltando parte degli argomenti, sapendo che questo mi avrebbe permesso un racconto più mirato, o mi affido alla flessibilità degli argomenti, sperando di saper trasmettere a ciascuno qualcosa di quello che sta cercando? Ho scelto una terza possibilità: lasciare più spazio a commenti e domande. Se devo valutare dai commenti e dalle domande, alcune fatte a tu per tu al termine dell’incontro, sembra che effettivamente ciascuno abbia saputo trovare, nel fluire del racconto, un frammento di utilità.

Non mi sono fatta mancare neanche il principale inghippo-sfida del relatore: l’alterazione di alcune slide causata dal cambio di computer. Mea culpa: di solito quando uso animazioni o grafiche a rischio semplifico per evitare problemi, e non l’avevo fatto. Mi sono salvata con l’uso della lavagna, ma non nego l’attimo di panico.

Un’altra sfida nel trattare l’argomento era che da molti anni parlo di compliance “all’altra faccia del cielo”, quindi ai terapeuti, siano essi medico o farmacisti o personale paramedico. Con questi interlocutori il racconto scorre facilmente: l’esperienza aiuta sempre.

Cambiando target temevo fortemente di lasciarmi prendere la mano dall’abitudine, di non riuscire a cambiare prospettiva del fluire del discorso.

Ovviamente nel viaggio di ritorno a casa, reso più lungo dalla pioggia e dai lavori in corso, mi sono abbondantemente martellata i calli ricordando le slide da modificare e i momenti in cui avrei potuto far meglio, ma avrei potuto anche far peggio. Ed è altrettanto ovvio che non mi sono bastati i complimenti di fine serata, ma dovrò aspettare due momenti di rassicurazione. Il primo sabato 23 novembre, all’Open day di PNL Evolution, quando rivedrò molti dei partecipanti. Se si avvicineranno vorrà dire che ho trasmesso qualcosa. Il secondo alla prossima serata, giovedì 12 dicembre: se tornano significa che ho svolto il mio compito. L’argomento del 12 dicembre? Ve lo racconterò presto.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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