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Ma lei mi aveva detto che... Parte 2°

Il processo di comunicazione

Storia
Buon giorno signor Ferrari. Come va?
Un po’ meglio, ma ho ancora problemi di insonnia. Non riesco proprio ad addormentarmi! Mi giro e mi rigiro per il letto. 
Ma ha smesso di prendere il caffè dopo cena?
Certo! Ho fatto come mi aveva detto lei. Ho eliminato il caffè. Adesso a cena bevo solo tè, e se mi sembra di non digerire un bel bicchiere di coca cola.

Domande
  • Equivoci! Oltre al processo di comunicazione, di cui non si è tenuto conto, cosa è successo leggendo la storia in termini di comunicazione?
Risposta
Equivoci! Oltre al processo di comunicazione, di cui non si è tenuto conto, cosa è successo leggendo la storia in termini di comunicazione?
Il medico ha ritenuto di usare una generalizzazione, intendendo con il termine “caffè” le bevande eccitanti. Ma il paziente l’ha preso alla lettera, non sapendo, o non considerando, che il tè contiene sostanze analoghe alla caffeina e la coca cola potrebbe essere quella che contiene caffeina. 
La verifica dell’intero processo di comunicazione avrebbe evitato l’equivoco. In particolare: 
  • il medico avrebbe dovuto cercare un feedback dal paziente per controllare che ciò che capisce sia corretto
  • il paziente avrebbe potuto, usando il meta modello, verificare cosa il medico intende esattamente per “caffè”.
Ma la maggior parte degli equivoci nasce proprio perché, da entrambe le parti, si dà per scontato qualcosa.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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