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L’archetipo dell’anima

Se la nostra attuale vita fosse una tappa di un viaggio dell'eroe che la nostra anima percorre più e più volte, ...

Spesso studiando gli archetipi del viaggio dell’eroe ho pensato che ciascuno di noi abbia un archetipo “favorito”. Mi spiego meglio. Non è raro conoscere persone che si bloccano nel percorso del viaggio, che non riescono a passare all’archetipo successivo o che ripetono più e più volte esperienze molto simili tra loro. Ne ho già parlato in diversi articoli e, anche se ci sarebbe ancora moltissimo da dire, oggi ho altre considerazioni da fare.

La vita è un viaggio dell’eroe, e ad ogni età corrisponde un archetipo

E se pensiamo alla nostra attuale vita come un semplice tappa di un viaggio che la nostra anima percorre più e più volte, ogni volta affrontando uno o più archetipi e ogni volta acquisendo nuove sfaccettature e risorse della figura che è chiamato a vivere?

Lo so, è un’idea bizzarra… eppure affascinante, almeno per me.

Proviamo a pensare che sia così. Quindi nella vita attuale la nostra anima vive un archetipo ben preciso, con il “compito”, il karma o il Tikkun, di apprendere tutto ciò che è possibile per poi, nella vita successiva, fare il passaggio ad un altro archetipo.

Non siamo bloccati nell’archetipo: siamo in cammino e nell’affrontare le esperienze della vita possiamo fare l’intero viaggio, imparando moltissimo. Eppure quella specifica figura del viaggio ci appartiene più di altre e, in qualche modo, determina la nostra vita.

Così se l’archetipo della nostra anima nell’attuale vita è l’innocente abbiamo probabilmente una vita protetta, genitori affettuosi, situazioni economiche tranquille: un vero paradiso terrestre. A noi il compito di riconoscere che va tutto bene, saper godere della situazione, acquisire consapevolezza per usare quella che può essere definita una condizione previlegiata a beneficio degli altri. A noi far sì che il nostro innocente non diventi ego o passività, ma gioia e proattività.

Riflessioni analoghe si possono fare con tutti gli archetipi. Che dite? Vado avanti?

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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