La definizione, e il concetto, di sospensione del giudizio hanno storia antichissima e prestigiosa, ed è tutt’ora di un’attualità strepitosa.
La prima teorizzazione della sospensione del giudizio di arriva dall’antica Grecia, addirittura da Platone. Poi la storia continua, attraverso i secoli, con scarse deviazioni dal concetto originale: se non conosciamo i fatti e le loro conseguenze non possiamo dare alcuna valutazione di un evento o di una scelta.
Concetto antico, con enorme valore attuale: eppure è una delle buone intenzioni più disattese nei secoli, e oggi più che mai.
Gli antichi sapevano quanto giudicare fosse rischioso: avvertimenti contro il giudizio si trovano quasi ovunque nei testi di saggezza, anche nella Bibbia e nel Vangelo.
Giudicare affrettatamente, poi, diventa un pericolo per il giudicante quanto per il giudicato.
Ma noi umani no, insistiamo, giudichiamo, in fretta, affrettatamente, impulsivamente.
I social, poi, permettono giudizi feroci contro persone di cui non sappiamo praticamente nulla, aggredendo le tastiere con valutazioni di fatti ben poco noti e, non di rado, con opinioni persino fuori dal contesto del messaggio a cui rispondiamo, ma che non abbiamo proprio letto e ancor meno compreso.
Io credo che si dovrebbe innanzi tutto parlare più di valutazione che di giudizio, ma posso adeguarmi alla terminologia in voga.
Quello che proprio non riesco ad accettare è il giudizio affrettato, senza conoscere fatti e conseguenze.
Certo, esiste la sensazione del cervello della pancia, istintiva, ma dovrebbe limitarsi ad un consapevole e temporaneo mi piace o non mi piace lasciando spazio alla successiva conoscenza che permetta al cervello del cuore e della testa di dare una valutazione completa.
Certo che conoscere i fatti implica un certo sforzo! Ben venga! Significa che la voglia di giudicare cala drasticamente per non far la fatica di approfondire.