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Il viaggio dell’eroe e il paziente

Il viaggio dell'eroe è un potente strumento di crescita personale e anche di gestione del paziente

In un altro articolo, Quando il viaggio comincia con la diagnosi, ho raccontato del viaggio dell’eroe che il paziente inizia nel preciso momento in cui il medico comunica una diagnosi di malattia grave, il momento in cui la salute del corpo non è più una cosa scontata.
Amo il viaggio dell’eroe da molti anni, l’ho utilizzato spesso per affrontare esperienze difficili ed era inevitabile che lo usassi anche per affrontare la mia malattia. Lo studio delle tappe, degli archetipi, in relazione alla malattia è cominciato con me stessa, osservandomi. Poi, nelle lunghe ore di ospedale, in attesa di una visita o di un trattamento, ho cominciato a guardare gli altri pazienti, riconoscendo in loro le caratteristiche, i comportamenti. E nel trascorrere delle settimane ho visto alcuni percorrere il loro viaggio dell’eroe, e altri rimanere bloccati in uno schema appartenente a uno specifico archetipo.
Successivamente è stato inevitabile, visto che per lavoro cerco e divulgo le tecniche di comunicazione e gestione utili al medico, al farmacista e alle diverse figure di terapeuti, chiedermi se queste riflessioni potevano essere utili al terapeuta per una migliore comprensione e gestione del paziente.
Io credo di sì.
Il riconoscimento delle tappe del viaggio dell’eroe nel paziente serve per comprendere, gestire, aiutare il paziente ad essere pienamente partecipe. Certo, servono, o servirebbero, anche competenze di psicologia, relazione di aiuto, coaching, ma il vantaggio del viaggio dell’eroe è che è di immediata comprensione e semplice applicazione.
Immediata comprensione e semplice applicazione perché il viaggio dell’eroe e i suoi archetipi fanno parte del nostro inconscio collettivo, li conosciamo già attraverso favole, libri, film.
Ne è nato un libro, L’eroe e il paziente, dedicato (e, spero, utile) a tutti coloro che, come terapeuti o come amici e parenti, sono vicini a pazienti che affrontano malattie gravi.
Autore: Carla Fiorentini 27 gennaio 2025
Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
Autore: Carla Fiorentini 13 gennaio 2025
A quasi tutti è capitato di dirlo o di sentirselo dire: facciamo qualche riflessione in merito.
Autore: Carla Fiorentini 29 dicembre 2024
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