Il farmacista eclettico

Talvolta può sembrare che il farmacista debba diventare una sorta di figura professionale molto fantasiosa e un po’ schizofrenica.

Talvolta, nel costante lavoro di mantenersi aggiornati non solo sulle terapie, ma anche sui tanti aspetti della professione e della professionalità, può sembrare che il farmacista debba diventare una sorta di figura professionale molto fantasiosa e un po’ schizofrenica.
Il ruolo del farmacista nel consiglio al paziente – cliente è globalmente chiaro, codificato da tempo: Dottore, ho mal di testa. Cosa mi suggerisce?
È, invece, molto più difficile districarsi nelle nuove attività e nelle nuove richieste, che possono provenire dal paziente, ma anche essere bisogni della salute o del sistema sanitario nazionale.

Tutto ciò deriva sia dai cambiamenti avvenuti, e tuttora in atto, nella società, dalla partecipazione di Dr. Google ai bisogni di informazione, alle polemiche su ciò che riguarda la salute e le terapie. Aggiungo l’incremento della cronicità, il bisogno di compliance (anche per abbassare i costi del servizio sanitario). E poi oggi si parla sempre più di coaching e counselling da parte del farmacista, ma non mancano le informazioni confuse e le polemiche (come quelle tra psicologi e counsellor).

Chiariamoci: fare il coach, il counsellor o lo psicologo sono mestieri diversi. Chi studia per praticare queste professioni conosce le differenze e può beneficiare di un’impostazione professionale specifica.
E il farmacista?

Certo, il farmacista è un farmacista, non un coach, non un counsellor e non uno psicologo.

Eliminiamo la psicologo: ci vuole una laurea specifica, e non importa se è ovvio che per fare il farmacista sia necessario avere attenzioni alla psicologia del paziente.
Le nuove realtà della professione del farmacista possono richiede talvolta il cappello da coach e talvolta quello da counsellor, ed è per evitare confusione e fraintendimenti che ho definito la pagina del sito in cui trovate questo articolo health training: contiene infatti spunti di coaching e spunti di counselling.

Ma… che differenza c’è?
  • Il coach parte da un obiettivo, chiaro e condiviso, e aiuta il paziente – cliente a raggiungerlo, anche elaborando e compiendo cambiamenti necessari. 
Perseguire l’aderenza alla terapia o rispettare una dieta specificatamente prescritta dal medico richiede al farmacista un supporto da coach al paziente.
  • Il counsellor, invece, lavora sulla qualità di vita, sulla gestione di specifiche problematiche.
Molte delle richieste di consiglio aspecifiche che vengono rivolte al farmacista richiedono alcune competenze di counselling.

Cosa intendo per richieste di consiglio aspecifiche?

Pensate alla differenza che può esserci tra dare un suggerimento su un prodotto di automedicazione per un problema specifico e rispondere ad una richiesta generica su una problematica di salute o qualità di vita, suggerire di presentare il problema al medico, ma non potersi esimere dall’essere partecipi del problema…

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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