Mettendo una rana in una pentola di acqua bollente, la rana schizza fuori velocissimamente, ma se la rana viene messa in una pentola di acqua fredda che viene riscaldata lentamente fino ad ebollizione, la rana si adatta fino a non avere più la forza di reagire, e finisce bollita.
È quello che accade a molti caregiver, soprattutto alle donne che si prendono cura di un coniuge più anziano e con patologie degenerative.
Per molte donne accogliere e accudire è naturale. Poi si invecchia.
Ce la faccio, ce la posso fare. Ha bisogno di me. Mi cerca costantemente. Non vuole stare solo. Rifiuta la badante, ma io riesco a seguirlo.
Tutte frasi che ho sentito innumerevoli volte, e spesso le ho dette anch’io.
All’inizio magari si trova qualche medico meraviglioso, qualche farmaco efficace. Qualche lieve miglioramento fa sperare in una guarigione. Beh, razionalmente sappiamo bene che è solo una tregua, ma inconsciamente speriamo che quella persona con cui abbiamo passato decine di anni, belli e brutti, ma insieme, possa riprendersi, tornare.
Ed ecco la rana pronta a bollire. Perché quando la temperatura dell’acqua comincia a salire non si abbasserà più.
Passano mesi, anni. Aumenta la stanchezza, c’è qualche sprazzo di depressione. La situazione è invariata, o peggiora.
La temperatura dell’acqua sale, e si comincia a bollire.
E poi tutto sembra finire.
Non è così, perché quell’inevitabile decesso ci trova talmente stanche da non riuscire a trovare le energie per metabolizzare il lutto.
Le persone che ci vogliono bene pensano che, ora, possiamo riprendere il filo della nostra vita. Ma solo dopo mesi ci accorgiamo che eliminare gli effetti della bollitura non è né semplice, né rapido.
Ogni volta che sento amiche in queste situazioni, o che lavoro in uno dei percorsi di mentoring con qualcuno che è in questa situazione, cerco di far passare un principio fondamentale:
è quando la temperatura dell’acqua comincia a salire che dobbiamo spegnere il fuoco. Possiamo farlo solo noi.
E il seguito, alla prossima puntata.