Tecnicamente molto bravo
Un medico che dice cose sbagliate

Storia
Il dr. Preziosi è un medico molto competente e stimato dai colleghi. Ha circa 40 anni, si è laureato a pieni voti, specializzato con successo, ha trascorso due anni all’estero in una delle più note e prestigiose cliniche del mondo.
Tornato in Italia da qualche anno, sembra destinato ad una carriera prodigiosa. Ha un incarico universitario e lavora in un grande ospedale. Non ha nemici, ha pochissimi amici e moltissimi ammiratori.
Poi, un brutto giorno, tutto precipita: arrivano tre denunce di pazienti.
Ora il dr. Preziosi si consulta con il suo avvocato, che era il suo compagno di banco al liceo, il suo più caro amico, con cui ha studiato all’università e che è rientrato apposta dagli Stati Uniti per stargli vicino, e il suo capo, che andrà in pensione tra 3 anni e lo aveva già designato come suo successore.
L’avvocato Per favore, Andrea, racconta tutto nei minimi particolari, e vedrai che veniamo a capo di questa storia. Non farti prendere dall’angoscia: abbiamo già decine di tuoi colleghi e centinaia di pazienti disposti a testimoniare a tuo favore.
L’amico Sì, racconta, ma ricorda che ci sono fior di medici dagli States disposti a prendere il primo volo per venire a difenderti.
Il capo Sono sbalordito. Tre denunce in pochi mesi. Una per maltrattamenti e due per incompetenza professionale. Non posso crederci! E tutte da persone piuttosto importanti. Raccontaci i fatti, per favore.
Andrea Preziosi Dunque, cominciamo. La prima è la signora Anna XY …
L’amico Quella? Accidenti! Giochi davvero in serie A. La conosco persino io che vivo negli Stati Uniti da anni!
Andrea Sì, quella. Mi ha denunciato per incompetenza professionale. Ha passato i cinquant’anni da un bel pezzo, anche se ne dimostra sì e no 40. Non capisco proprio perché mi abbia denunciato. Mi risulta che si sia sottoposta a non so quante operazioni di chirurgia plastica (e quello sì che è un settore a rischio), ma è in ottimi rapporti con il suo chirurgo. È stato lui a mandarmela. Comunque …. Aveva tutta una serie di sintomi, lamentava un mucchio di problemi, ma era sana come un pesce. Ricordo che ho avuto una pazienza infinita, la visita sarà durata complessivamente quasi due ore. Le ho lasciato raccontare la sua storia, tutti i suoi sintomi, le ho fatto una visita accurata. Poi, per eccesso di zelo, le ho prescritto una serie di esami. Dopo due settimane è tornata, e gli esami mi hanno dato la conferma. Comunque di nuovo le ho fatto una visita di un’ora. Mi ha raccontato di nuovo i suoi sintomi, l’ho visitata ancora. Non capisco proprio come possa accusarmi di incompetenza.
L’amico Ma che problema aveva? E che terapia le hai prescritto?
Andrea Che problema aveva? In realtà nessuno. Però ti assicuro che le ho dato corda.
Le ho detto: Signora, non si preoccupi, è solo la menopausa. Ci sono molte possibilità di alleviare i sintomi. I suoi esami e il suo quadro clinico le permettono di affrontare qualunque trattamento: ora le illustro le varie possibilità e scegliamo insieme, anche se di primo acchito io le consiglierei di aver solo un po’ di pazienza e lasciar fare alla natura.
Insomma, le ho dimostrato apertura, l’ho coinvolta, e le ho dato il mio parere professionale
Insomma, le ho dimostrato apertura, l’ho coinvolta, e le ho dato il mio parere professionale
Il capo Proprio non capisco. E l’altro paziente che ti ha denunciato per incompetenza professionale?
Andrea Ah, sì. Il dr. KZ. Un cinquantenne, manager d’assalto. Forse avete letto di lui sui giornali. Mi preoccupa molto perché anche lui ha lavorato e vissuto all’estero, e mi era stato indirizzato da alcuni amici stranieri. Corro il rischio di sputtanarmi non solo in Italia, ma anche all’estero! E non capisco proprio perché.
È arrivato con una serie di disturbi che potevano anche essere molto seri. L’età, il tipo di lavoro, lo stress dovuto alle responsabilità e ala professione, il tipo di vita: sempre sugli aerei, sempre a mangiar fuori. E poi fuma, e ogni tanto beve alcoolici. Insomma, il quadro era veramente preoccupante. Anche in questo caso gli ho fatto una visita lunghissima, un’anamnesi molto accurata, un check up completo.
C’era qualche valore un po’ alterato, ma non sembrava nulla di grave. Però non ero tranquillo. Così ho deciso di prescrivergli la batteria completa degli accertamenti: gastroscopia, colonscopia, e così via. Ricordo che sono diventato matto!
L’amico Matto? Perché?
Andrea Volevo ricoverarlo qualche giorno per far tutti gli esami, ma mi ha detto che non poteva e non voleva, era pieno di impegni e stava concludendo alcuni affari importanti. Mi ha chiesto se erano esami pericolosi o dolorosi, e gli ho detto di non preoccuparsi, ormai sono esami di routine. Non sono assolutamente pericolosi e non fanno assolutamente male. Così glieli ho fatti fare tutti quando poteva lui, inserendolo come urgenza se c’era la lista d’attesa troppo lunga.
Ho persino scavalcato altri pazienti per lui! E guarda come mi ripaga!!
L’avvocato OK, concludiamo la serie. Il terzo paziente, che ti ha denunciato per maltrattamenti, è un vecchietto di quasi 80 anni: il signor A.M.
Il capo Sì che ha 80 anni, ma non lo definirei un vecchietto!! È un personaggio molto famoso, cattedratico, scrittore di successo, è stato anche senatore per 5 o 6 legislature, almeno una volta è stato sottosegretario in non so quale ministero. E poi se non ricordo male si è da poco sposato per la terza volta, e la moglie ha almeno trent’anni meno di lui.
Andrea Già, lì sì che ho fatto una gaffe! Stava male, e doveva essere operato con una certa urgenza. Gli ho spiegato tutto, sai, per il consenso informato, ma continuava a far domande. Così gli ho detto che, se preferiva, avrei chiarito tutto e fatto firmare i documenti alla figlia. Mi ha guardato malissimo, e mi ha detto che lui aveva solo due figli maschi: quella era la moglie. Ma poi è andato tutto bene. L’ho trattato come tratterei mio padre.
Tutte le mattine, prima di iniziare il turno, andavo a trovarlo: “come stai? Come ti senti oggi? Hai mangiato ieri sera? Desideri qualcosa di particolare a pranzo? Hai domande da farmi per come comportarti una volta dimesso?”
Passavo da lui almeno due volte al giorno, oltre alla visita. Altro che denuncia per maltrattamenti!
L’avvocato E adesso che abbiamo analizzato tutte le denunce, devo dire che non capisco proprio. Mi metterò in contatto con gli avvocati dei pazienti per cercare di capire qualcosa di più
Il capo Anch’io proprio non capisco. Mi sembra che i tuoi comportamenti siano stati tecnicamente perfetti!
L’amico Tecnicamente perfetti, sì! Ma io comincio a capire qual è il problema. E ho anche un’idea su come affrontarlo.
Sentite un po’ e ditemi cosa ne pensate.
Domande
Mi raccomando, non chiedetevi che specializzazione abbia il dr. Preziosi, né tantomeno che malattie abbiano i suoi pazienti! Come sempre la parte clinica è totalmente fantasiosa, inventata, e sbagliata, e serve solo per farvi ragionare sugli aspetti comunicazionali!
- Che cosa ha capito l’amico?
- Che suggerimenti potrà dare?
Risposte
Che cosa ha capito l’amico?
Con ciascuno dei pazienti, il dr. Preziosi ha fatto errori di comunicazione, che possono inficiare il rapporto medico – paziente, anche in maniera grave.
- Frasi come “è la menopausa”, soprattutto dette ad una donna che dimostra meno anni, e che ha fatto di tutto per sembrare più giovane, creano un notevole danno al rapporto medico – paziente. La signora Anna, e qualunque altra paziente, può pensare che il medico la considera “una donnetta isterica”, che sottovaluta i suoi sintomi, e sicuramente non si sente ascoltata o stimata adeguatamente.
- Dichiarare che un esame, o una procedura medica, “non è assolutamente dolorosa” (soprattutto se il medico non si è mai dovuto sottoporre a quell’esame o a quella procedura) è una frase molto rischiosa. Il dolore è soggettivo, e ciò che non è doloroso per una persona può provocare un dolore insopportabile ad un’altra. Per di più nel caso del dr. KZ, il medico non ha tenuto conto del fatto che il paziente avrebbe avuto impegni di lavoro subito dopo essersi sottoposto ad accertamenti: ben pochi sarebbero professionalmente al massimo in queste condizioni. È compito del medico prevenire eventualità di questo tipo, ponendo domande al paziente su tutte le possibili situazioni che si possono presentare.
- Con il sig. A. M. è stata fatta una gaffe, riconosciuta, all’inizio del rapporto. Situazione banale, ma estremamente rischiosa perché una volta minato il clima di fiducia è difficilissimo ricostruirlo. E la fiducia di solito si conquista nei primi istanti. Stante la situazione già difficile, l’errore di Andrea risulta ancor più grave. Dare del tu ad un paziente è sempre un rischio, ancor di più se il paziente è ospedalizzato, e quindi in condizioni di sottomissione. Il sig. A.M. è una persona importante, a cui l’età e la malattia hanno minato il prestigio. Probabilmente in altro ambiente, o in altre situazioni, pretenderebbe dal medico un atteggiamento sottomesso (one down). In ospedale, malato, è costretto ad accettare l’importanza del medico, ma al massimo con un rapporto di parità. Ho visto molti pazienti (tra cui mio padre) che, da professionisti affermati e ruoli di prestigio, erano stati costretti dall’età e dalla salute a situazioni per loro “intollerabili” e che hanno rifiutato ogni collaborazione a medici e, peggio, infermieri che assumevano toni paternalistici o davano del tu.
Che suggerimenti potrà dare?
Chiedere a ciascun paziente un colloquio, presenti gli avvocati e il suo capo, e fare ammenda con modalità diverse per ciascuno.
- Alla signora Anna XY potrebbe dire che era talmente sorpreso, stante il suo aspetto, che fosse in menopausa e talmente sollevato dal poter riconoscere una situazione fisiologica come responsabile principale dei suoi sintomi (lui è un suo grande ammiratore) da essersi espresso male. Capisce bene che la menopausa precoce può creare difficoltà, e quindi i sintomi non vanno sottovalutati, né era sua intenzione … In pratica, dovrà lusingare la sua vanità mostrandosi ammirato, fino a creare uno stato di empatia.
- Il dr. KZ, che evidentemente lo giudica un incompetente perché gli esami erano dolorosi, e lui si era invece fissato impegni di lavoro subito dopo aver subito gli accertamenti, quindi non era al massimo, sarà un osso durissimo. Andrea potrà cercare di stabilire una complicità basandosi sulla comune vita stressante, super impegnata, concentrata sui successi professionali.
- Con il signor A.M. potrebbe avocare la scusa degli anni passati all’estero, che l’hanno indotto a far confusione tra il “tu” e il “lei” e, dopo essersi adeguatamente informato delle opinioni del signor A.M., dichiarare che è rientrato in Italia perché ama il suo Paese o come stava bene all’estero perché in Italia non c’è futuro.
In ogni caso, Andrea dovrà fare un’intensa attività di ricalco e stabilire con i pazienti quell’empatia che, evidentemente, era mancata.

La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …

Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.






