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Soft sklls - Gestione di sé

Gestire se stessi è la cosa più difficile, e quella a cui dedichiamo meno energie.

Si sa: il web fornisce milioni di informazioni in tempi brevissimi. Digitate qualunque cosa su Google, e vi troverà migliaia di voci …

Poi provate a digitare “gestione di se stessi” … e vi accorgerete che la stragrande maggioranza delle pagine identificate fa riferimento alla necessità di imparare a gestire se stessi per essere un buon leader.

Non sono d’accordo. Contesto totalmente!


Essere ciò che siamo e diventare ciò che siamo capaci di diventare è il solo fine della vita. Robert Louis Stevenson


Se voglio essere un buon leader devo prima saper gestire me stessa. Questo è vero. È vero se intendiamo la stessa cosa per “essere un buon leader”. Ma se non mi interessa essere leader di nessuno, se non mi interessa gestire gli altri, se sto benissimo in un ruolo di gregario, se amo lasciarmi guidare dai genitori, dal coniuge, dai figli, dagli amici, sono forse esentato dall’imparare a gestire me stessa? È pura follia!


Dovrebbe valere, invece, il contrario: solo chi si impegna ad imparare a gestire se stesso ha diritto a ruoli in cui gestisce gli altri. Bell’idea, vero? E notate che ho detto “chi si impegna ad imparare” e non “solo chi sa gestire se stesso”. Ma anche ponendo questa limitazione, ci troveremmo improvvisamente un decurtazione del 90% (e sono buona!) dei dirigenti pubblici e privati, di altrettanti capiufficio, del 99% dei parlamentari (per favore, se identificate quell’1% segnalatelo!). Ci sarebbe una drastica riduzione dei genitori, e così via.


Gestire se stessi è un cammino che si intraprende, una scelta che si fa.


Però è una strada che vale la pena di percorrere: lungo la strada si trova la serenità, la gioia di migliorare un po’ ogni giorno, si trova qualche momento di consapevolezza, la soddisfazione di crescere, l’amore per se stessi senza orgoglio e sciocchi egoismi, il superamento delle paure, e molto altro.



Iniziamo dunque il viaggio, con l’avvertenza forse pleonastica che potrò fornirvi solo spunti e suggerimenti, da viaggiatore a viaggiatore.


Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
Autore: Carla Fiorentini 13 gennaio 2025
A quasi tutti è capitato di dirlo o di sentirselo dire: facciamo qualche riflessione in merito.
Autore: Carla Fiorentini 29 dicembre 2024
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Nella vita capita che ci siano giorni di Natale strani…
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