La Storia
Luca ha cinque anni, ed è un vero folletto. Anna, la mamma, è un po’ troppo ansiosa, e teme sempre di far brutta figura, soprattutto quando lo porta a giocare al parco, dove Luca si scatena con gli altri bambini. Oggi è sabato, e Luca e la mamma vanno ai giardini, dove Luca di incontra con Andrea, anche lui accompagnato dalla mamma. Dopo un po’, Luca e Andrea bisticciano per un gioco.
Immediatamente Anna richiama Luca, e si svolge questo dialogo:
- Luca, cosa succede? Cosa combini?
- Niente, mamma. Volevo solo il gioco di Andrea: ha detto che me lo prestava, e invece adesso non vuole più che lo tocchi.
- Ma il gioco è suo. Luca, per favore, non farmi fare brutta figura. Se litighi con Andrea mi fai soffrire!
- Tu non fare brutta figura, mamma, e non soffrire!
- Quindi lasci stare Andrea e il suo gioco.
- No, mamma, io il gioco lo voglio, almeno per un po’. Ma tu non soffrire.
Domande
- Anna usa un meccanismo di elaborazione ben preciso: quale?
- Leggendo questa storia in chiave di comunicazione, cosa sta succedendo?
Risposte
Anna usa un meccanismo di elaborazione ben preciso: quale?
Le frasi di Anna: “mi fai soffrire, mi fai fare brutta figura” nascono dall’utilizzo di un meccanismo di elaborazione: la distorsione
(o deformazione). È uno dei meccanismi che utilizziamo per formare la nostra mappa del mondo, ed è estremamente utile. Talvolta, però, come in questo caso, lo usiamo malamente.
Le espressioni di Anna sono definite deformazione causa – effetto: attribuire ad un fattore esterno il controllo delle proprie emozioni (“mi fai arrabbiare”, “mi rendi nervoso”, “sei la mia disperazione”) deformando i fatti come se non fosse possibile avere una reazione diversa dalla rabbia, o dal nervosismo
Leggendo questa storia in chiave di comunicazione, cosa sta succedendo?
Anna tenta di controllare Luca tramite una deformazione causa – effetto a cui Luca, con l’ingenuità e l’acutezza propria dei bambini che non hanno infrastrutture di pensiero, reagisce separando, giustamente, le due cose:
- il suo comportamento
- la brutta figura o la sofferenza della madre.
Luca ha ragione: il suo comportamento, per quanto sbagliato, non è automaticamente correlabile con i sentimenti della madre, che può scegliere tra rabbia, sofferenza, indifferenza, e così via.
Solo quando siamo in grado di non attribuire ad altri il controllo delle nostre emozioni ne diventiamo pienamente padroni, e acquisiamo maggiore libertà.