Conosco diverse persone che dopo una malattia, anche grave, sembrano aver trovato una nuova vita, più felice, più serena, più costruttiva. Conosco anche persone a cui la malattia ha portato solo ansia, paura, angoscia, rancore.
È facile intuire che la differenza non nasce dalla malattia in sé, ma da come ciascuno gestisce l’esperienza della malattia.
Il percorso è sostanzialmente sempre quello già descritto in un precedente articolo - Il percorso di gestione delle esperienze
E il percorso inizia con l’arrivo del drago
che, inizialmente, non viene quasi riconosciuto dal primo archetipo del percorso: l’innocente. Il riconoscimento del drago porta l’innocente ad iniziare la strada, diventando prima orfano e poi, via via, martire, viandante, guerriero e mago, per poi tornare innocente con un nuovo livello di consapevolezza.
La malattia può far scattare l’inizio del percorso, ma il primo passo è identificare il drago.
Facile, dirà qualcuno: la malattia stessa è il drago.
Non sono d’accordo, e infatti è proprio su questo punto che divergono le riflessioni di chi ha vissuto queste esperienze.
La malattia in sé (ictus, infarto, tumore, …) raramente è il vero drago.
Molti raccontano che la paura di morire, il tempo di ospedale per riflettere, il forzato abbandono dei ritmi di lavoro o delle ambizioni di carriera li hanno indotti a scoprire i loro veri draghi. Vengono citati il peso di responsabilità insostenibili, drammi etici accantonati, false identità assunte, abbandono di sogni, … Ci sono tante storie, tante realtà, e ognuna è diversa. Ciò che accomuna molti è proprio la riflessione su se stessi, passato – presente – futuro, che porta a riconoscere il drago non nella malattia ma in una sorta di distacco pre-malattia dal proprio essere più profondo e vero. La malattia viene quindi vista come un sintomo di ben altri malesseri da guarire.
E da qui inizia un percorso di guarigione fisica e interiore, che passa necessariamente attraverso gli archetipi, che costituisce un vero viaggio dell’eroe, e che porta molti ad un nuovo livello di felicità.
Non è un viaggio facile, ci sono differenze personali e diversità a seconda di malattie acute, croniche, degenerative, tuttavia la conoscenza del percorso, che in realtà è ciò che viene definito “Il viaggio dell’eroe” permette al paziente e a coloro che, in qualunque veste, ne guidano o condividono l’esperienza, di giungere alla consapevolezza.
Per usare un linguaggio attuale e, forse, di moda, la conoscenza del percorso da compiere aumenta la resilienza, ne costituisce la base e il nocciolo.
Un argomento vastissimo, che anche in questo sito verrà ripreso più volte.