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La gestione della comunicazione e la salute

Mai come ora c’è bisogno di gestire la comunicazione

Comunicare, informare, divulgare: sembrano sinonimi, ma non lo sono totalmente. 
In questo lunghissimo e complicatissimo periodo abbiamo assistito ad un pessimo uso della comunicazione, confondendo informare e divulgare e dimenticando totalmente (o forse volutamente) l’importanza della comunicazione. 
Abbiamo sbagliato tutto e tutti?
Secondo me no
  • Nella farmacia dove vado io di solito ho visto una meravigliosa comunicazione, 
  • il mio oncologo meriterebbe un premio e 
  • il personale del reparto di oncologia dell’ospedale di Faenza potrebbe dare lezioni a molti degli intervistati in TV. 
Ma di errori ne sono stati fatti, e tanti.
La situazione è stata sicuramente imprevista e anomala: nessuno poteva immaginare una pandemia. Però sono anni che sappiamo del costante aumento di rischio di burnout nel personale della sanità. Forse si poteva e si doveva fare molto e molto tempo fa, ma del senno di poi… son piene le fosse. Forse si poteva considerare che il benessere psicologico di medici e infermieri doveva essere tutelato e protetto quanto quello fisico, ma per mesi il personale non è stato dotato neanche di mascherine, figuriamoci il resto.
Non sto cercando colpevoli, non mi interessa, ma vorrei che tutto ciò che è accaduto servisse per il futuro.
Nei miei infiniti controlli medici, a cui si sono aggiunti quelli di mio marito, ho incontrato medici e infermieri magici, qualcuno in condizione di stress pesante e qualcuno in burnout palese. 
Le conseguenze di uno stress prolungato, anche per chi è riuscito ad evitare il burn out, non si cancellano in tempi brevi, e non spariscono con qualche goccia di ansiolitico. 
In questi mesi sono sorti, e sono in corso, diversi progetti di supporto alla gestione dello stress di chi è stato, ed è, in prima linea. Molti nascono dal volontariato.
Se fosse in mio potere, darei l’opportunità alle categorie che maggiormente hanno subito l’impatto psicologico della pandemia come medici, farmacisti, operatori sanitari e insegnanti, di accedere a incontri, corsi, percorsi ad hoc per elaborare l’esperienza e, di conseguenza, trasformare in risorsa le difficoltà affrontate. Io, nel mio piccolo, continuo a scrivere, tenere corsi e incontri sull’argomento. 

Autore: Carla Fiorentini 2 novembre 2024
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Autore: Carla Fiorentini 2 novembre 2024
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Autore: Carla Fiorentini 15 settembre 2024
Ero in farmacia, in attesa. Un’attesa piuttosto lunga visto che si trattava di una farmacia che fa il servizio di prenotazione degli esami e delle visite. Mi annoiavo ed ho cominciato a guardarmi attorno e, confesso, ad ascoltare le chiacchiere degli altri utenti in attesa. Mi ha fatto piacere incontrarti, ma perché vieni in questa farmacia? Non c’è la farmacia XXX più vicino a casa tua ? Sì, la farmacia XXX è decisamente più vicina, ma qui sorridono. Lì sono sempre scorbutici e a volte rispondono anche scocciati se chiedi informazioni. Forse è perché … Ecco. Smetto di ascoltare, e non saprò mai il presunto motivo per cui, nell’altra farmacia, sono scorbutici. Il dialogo è stato illuminante soprattutto per chi, come me, si occupa di comunicazione e management. Mi occupo, e preoccupo, di insegnare tecniche, di cercare le parole giuste, di spiegare modalità di comunicazione, di identificare esempi e suggerimenti, di incrementare hard skills e soft skills, ma ci si dimentica dell’essenziale: il sorriso . Entrare in farmacia, per qualunque motivo, e trovare il farmacista che sorride è un validissimo motivo per scegliere una farmacia invece di un’altra, magari più comoda. Però, attenzione, deve trattarsi di un sorriso vero. Esiste una netta differenza tra un vero sorriso e uno falso, voluto, determinato da movimenti volontari dei muscoli facciali. La differenza è dimostrabile tecnicamente, e per moltissime persone è percepibile a livello inconscio. Il farmacista che sorride non fa una smorfia movimentando le labbra all’insù: sorride veramente. Eppure anche il farmacista può avere problemi personali, attraversare un periodo nero, essere triste o preoccupato. Ciò che spesso dimentichiamo è che siamo noi ad avere uno specifico stato d’animo, e invece spesso ci comportiamo come se fosse lo stato d’animo, soprattutto se negativo, ad avere il pieno possesso di noi. È assolutamente possibile accantonare uno stato di infelicità per un certo periodo, dando spazio a veri sorrisi. Come? Qui le tecniche, gli esercizi e le riflessioni contenuti anche in questo sito, possono essere di aiuto: pensieri felici, meditazione, comunicazione, possono fare la differenza, quando è necessario. Ma il primo passo è personale: bisogna volerlo. Per quanto storte vadano le cose, ogni tanto si può dare una vacanza al dolore, dedicarsi agli altri, anche fornendo sorridendo la medicina prescritta o il consiglio richiesto.
Autore: Carla Fiorentini 15 settembre 2024
Da molti anni il mondo delle aziende utilizza quello che viene definito management by objective : gestione per obiettivi . Si tratta di definire uno o più obiettivi e perseguirli per un certo periodo di tempo. La scuola si è poi adeguata, anche se non sempre parla di obiettivi o di piani strategici, ma si affida ad una serie di sigle e burocrazie che, più o meno, hanno la stessa funzione. Parlare quindi di obiettivi per il nuovo anno scolastico è del tutto legittimo. Eppure … La gestione per obiettivi ha, da tempo, evidenziato una serie di limiti e problemi nel mondo aziendale , ed è triste vedere la scuola che, in ritardo, si adegua ad imitare anche gli errori dell’industria. Attenzione, però, non prendere questo come una scusa per non pianificare il nuovo anno alle porte, anzi. Si tratta di aggiungere, non di togliere. Se mi seguite sapete bene che io mi fisso una serie di obiettivi, in diverse occasioni, dunque apparentemente faccio qualcosa che ho appena dichiarato inutile. Dov’è il trucco? Gli obiettivi servono, funzionano, hanno un senso solo se inseriti in un contesto di Vision, cioè di aspirazione e desiderio globale di realizzazione di qualcosa di importante. La Vision offre il contesto da realizzare, gli obiettivi discendono da questo e permettono, a loro volta, di tradurre in azioni pratiche e giungere alla realizzazione concreta. Il consiglio è quindi di utilizzare queste ultime settimane prima dell’inizio delle lezioni per identificare la vostra Vision, in vostro sogno per il nuovo anno. Ti chiedi quali sono le differenze sostanziali tra obiettivi e vision? La risposta, per quanto limitata all'essenziale, è nella vignetta qui sotto. Gli obiettivi sono, sostanzialmente, contenuti anche nei programmi ministeriali. Personalmente suggerisco di dedicare un po' di tempo a ragionarci su, declinarli, scriverli con un linguaggio che risuoni. Tuttavia gli obiettivi sono fortemente razionali: cosa insegnare, come, in quali tempi, quali livelli di conoscenza far sviluppare negli studenti... In pratica, gli obiettivi servono per riempire il secchio delle competenze. La vision è il sogno da condividere e realizzare insieme alla classe, e ad ogni singolo studente. In pratica, quale fuoco accendere. Nella vision possiamo stabilire che tipo di atmosfera vogliamo creare, quali valori desideriamo trasmettere, che insegnante desideriamo essere, quale impronta lasciare per il futuro della classe e di ogni singolo studente, e molto altro.
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