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Importanza del linguaggio nella visita medica

Effetto placebo del linguaggio del medico durante la visita medica

Ciò che il medico dice, e come lo dice, non sono “neutrali”: è dimostrato che possono avere sia effetto placebo che effetto nocebo.
Sostanzialmente la visita medica in sé ha già un effetto placebo, ma questo può essere rinforzato dalle parole del medico. 
Certe espressioni o modalità linguistiche del medico possono “irritare” il paziente. Sia chiaro, il problema non è che il paziente si irrita, e neanche che potrebbe cambiare medico. 
  • Il vero problema delle frasi sbagliate, come contenuto o come modalità espressiva, è che si riduce l’effetto placebo del rapporto medico paziente, fino a crearsi un effetto nocebo di sfiducia del paziente verso il medico o verso la terapia.
Un paziente convinto di non poter guarire, di non poter migliorare, di non poter combattere efficacemente la sua malattia, crea una sorta di profezia che si auto avvera in quanto non seguirà adeguatamente la terapia prescritta e le indicazioni ricevute.
Esistono però anche modalità linguistiche di rinforzo, che potenziano l’effetto placebo, la fiducia verso il medico, e rafforzano la relazione medico paziente. 
Molte di queste modalità linguistiche derivano dal Milton Model, un sistema linguistico spontaneamente creato da Milton Erickson, uno dei più noti psichiatri del ventesimo secolo, e codificato dai fondatori della PNL.
Nei prossimi articoli vedremo quali frasi possono essere usate dal medico, in quali situazioni e con quali obiettivi, per rafforzare l’effetto placebo.
È un sistema semplice, ci sono numerose prove della sua efficacia, non costa nulla: perché non provare?

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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